“THE BOMB”, UNA DONNA E LA SUA INGENUA BUONA FEDE

E’ in scena al Teatro Linguaggicreativi di Milano solo per due sere, venerdì 19 e sabato 20 gennaio,  The bomb. La regia e la drammaturgia sono di Chiara Tarabotti e ne è protagonista Valentina Rho. Le musiche sono eseguite dal vivo da Maurizio Corbella. Sabrina, la protagonista di La bomba – Della necessità del fare, ci racconta della sua storia, dall’età dell’innocenza allo scontro con la realtà della vita lavorativa adulta, quando, nominata avvocata d’ufficio di un’infermiera arrestata a una manifestazione No Tav, si trova inaspettatamente di fronte alle condizioni del reale. Contraddizioni che le esplodono tra le mani, ferendo la sua ingenua buona fede e dando inizio a un percorso di presa di coscienza che la porterà alla costruzone di una consapevolezza più matura.

Quattro domande a Chiara Tarabotti e Maurizio Corbella

“Qual è la scelta che può cambiare il corso della vita di Sabrina?”

Chiara Tarabotti: “La sua è un’assunzione di responsabilità. La scelta è fra continuare a vivere nel mondo senza di fatto assumersi la respnsabilità delle proprie azioni e il percorso opposto che comporta agire in questo mondo. L’idea è che la scelta grossa sia quella di non fare nulla, di abbassare la testa e di sottostare ai ricatti della società, di accettare tutto, di rendersi merce, di non protestare e di non far valere la propria unicità. Oppure si può scegliere di prendere coscienza del proprio essere potenzialmente una bomba che può far inceppare un meccanismo e quindi provare ad agire. La scelta è fra azione e inazione, fra lo stare a guardare o il partecipare”.

“Quali sono le estreme conseguenze che possono derivare da questa vicenda?”

Chiara Tarabotti: Per il personagguio l’estrema conseguenza è la perdita del lavoro. Quindi, essendo una giovane donna in carriera, la demolizione di tutto quello che aveva tentato di costruire. Idem anche per le altre persone. Le estreme conseguenze di una scelta che per alcuni versi possiamo definire rivoluzionaria e anche prettamente asociale, nel senso che va contro un principio di conservazione con il quale la società si tutela, possono essere anche gravi, come l’esclusione dal mondo del lavoro e da certi affetti. Penso a mille situazioni. In questo caso lo spettacolo si concentra sul lavoro, quindi la scelta tendeva a cadere su un contesto lavorativo, ma in senso lato può ricadere in un contesto molto più ampio e incidere sulla vita delle persone”.

“Qual è il mezzo espressivo principale di questo spettacolo?”

Chiara Tarabotti: “Ne abbiamo fondamentalmente due principali: la parola e la musica. L’idea stessa dello spettacolo era nata sulle canzoni dell’album ‘Storia di un impiegato’ di Fabrizio De André. 

“Quant’è importante la figura di Fabrizio De André in questo spettacolo?”

Maurizio Corbella: “E’ molto importante in quanto le parole e la musica di Fabrizio De André vengono ascoltate durante buona parte dello spettacolo. E’ un vero e proprio controcanto al monologo della protagonista. E’ un controcanto che non è correlato, perché sono solo tutte canzoni dell’album ‘Storia di un impiegato’. Quindi non è un omaggio a Fabrizio De André, ma una riflessione o un’associazione di idee che parte dall’album. Alcune canzoni sono state riviste, selezionate, riarrangiate ed eseguite dal vivo da me. Non necessariamente sono così conosciute dal pubblico che generalmente conosce De André per altre canzoni più famose e celebrate. Abbiamo scelto un disco meno famoso che ci proponeva dei problemi. Non necessariamente era il nostro disco più amato, ma mi ha sempre posto di fronte a delle domande che tutto sommato questo spettacolo articola”.