Antonello Taurino, “(s)permaloso”

Si sa: quando si prepara uno spettacolo, il difficile è scegliere un argomento “che non sia mai stato affrontato in nessun altro spettacolo”. Ora, non solo di questo argomento non parlano altri spettacoli. No, di questo non parla proprio nessuno, mai. Tabù. E forse se ne dovrebbe parlare. Immaginate come può sentirsi un uomo che, nella stessa mattinata, a distanza di poche ore, riceve due notizie: la prima riguarda delle analisi che ha fatto sulla sua fertilità, cioè la possibilità di avere figli. La seconda, invece, lo stato di salute di suo padre, gravemente malato: ecco, in pochi minuti le certezze relative all’essere padre e all’essere figlio crollano, improvvisamente. Come fosse tutto da riscrivere, da capo, da zero.

(s)permaloso è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 24 marzo al 2 aprile. Lo spettacolo è stato scritto da Antonello Taurino, unico protagonista in scena, con Carlo Turati.

La parola ad Antonello Taurino

Come reagisce il personaggio dello spettacolo al fatto di non poter avere figli?

E’ la storia di un uomo che, giunto oltre i 40 anni, scopre di essere sterile e si rende conto che è un disagio molto più diffuso di quanto non si pensi. Il personaggio ha un doppio problema: lo stigma sociale e il fatto di doverlo dire alla persona con cui sta, che forse è la persona giusta, che sente ticchettare l’orologio biologico e che vuole un figlio. I due si vogliono molto bene, stanno molto bene insieme e lui pensa che lei sia quella giusta. Però c’è questo problema di cui lui non ha mai parlato.

Ha avuto sia rapporti protetti che non protetti, però non è arrivato un figlio. Lei lo vuole anche se non desidera sposarsi. Da qui ci si immagina una cena che lui prepara a lei perché non si vedono da tre mesi. Tre mesi prima si erano dati appuntamento e lei gli aveva dato un aut aut, imponendogli di fare un figlio altrimenti la storia sarebbe finita. Quella sera si rivedono e succede qualcosa.

Per tutta la preparazione della cena, durante la quale combina dei sonori disastri, prova a capire come dirglielo e quindi parte un excursus su quello che è successo negli ultimi tre anni, su come lui ha capito di avere questo problema, sugli esami che ha fatto, entra in ballo un suo amico e il test viene scambiato per una specie di esame della virilità. Parte tutto dal fraintendimento che lo spettacolo vorrebbe chiarire, nel senso che è importante curarsi e fare tutte le analisi. L’infertilità viene spesso scambiata con la disfunzione erettile e la capacità di sostenere un rapporto sessuale. In realtà le due cose non hanno niente in comune. Si può avere un problema e non l’altro. Come diceva un urologo: ci sono pornoattori sterili, quindi le due cose non sono legate.

Perché le certezze sul fatto di essere padre e figlio crollano?

Perché nell’excursus accade che il protagonista riceve nella stessa mattinata il referto dell’andrologo che gli dà la notizia e parla con l’oncologo che gli dice che suo padre ha pochissimi giorni di vita.

Come mai l’argomento dell’infertilità maschile è considerato un tabù?

Chiarire il fatto che l’infertilità e la disfunzione erettile non siano collegate è importante. Mi sono informato con dottori, docenti e persone che hanno vissuto il problema: ho scoperto che questo disagio tocca un adulto su 15, il 7%. Intervenire prima, in età adolescenziale, con una diffusione di una cultura della salute riproduttiva può essere importante. L’idea è quella di porre attenzione a questo problema, con dei controlli durante la pubertà, non verso i 40-45 anni.

E’ un argomento su cui si può ridere?

Nel mio teatro, Carlo Turati ed io proviamo a prendere un argomento che notoriamente non si presterebbe a essere comico, come l’uranio impoverito, la scuola o la linguistica e proviamo a renderlo comico. Fino ad adesso ci siamo riusciti e con questo tema abbiamo posto l’asticella molto in alto. Secondo me ci sono dei tratti davvero esilaranti, però l’argomento è trattato davvero con leggerezza. Di fatto è uno spettacolo comico con degli elementi a volte tragici. Per me si può ridere di tutto, anche di questo. La risata porta a una rilassatezza sociale che consentirebbe l’apertura di un discorso più tranquillo su questo problema. Questo permetterebbe di diffondere una cultura della cultura e quindi di un intervento tempestivo sul problema.

  • Intervista di Andrea Simone
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  • Foto in evidenza di Laila Pozzo
  • Si ringrazia Giulia Tatulli