“O capitano, mio capitano” dicevano in coro sulle sedie per dargli l’addio gli allievi del professor Keating nel film L’attimo fuggente, mentre il preside Nolan tentava invano di riportarli all’ordine.
Se Robin Williams veniva licenziato dal college americano per i suoi metodi troppo anticonformisti, un docente di una scuola di frontiera dei giorni nostri viene sospeso per motivi non meglio precisati. Motivi magari imputabili a strane tecniche d’insegnamento o allo stress eccessivo.
Antonello Taurino torna al Teatro della Cooperativa, questa volta con La scuola non serve a nulla 2.0, scritto con Carlo Turati e in scena dal 21 al 30 maggio.

La parola ad Antonello Taurino
“Tu sei un attore che di giorno fa anche il docente alle scuole medie. Quale materia insegni e quanto hai messo in questo spettacolo della tua esperienza didattica?”
Mi piace dire che sono un insegnante di lettere e cartoline, cioè di italiano, storia e geografia. Da quest’anno c’è la nuova aggiunta disciplinare di educazione civica. Lo spettacolo partiva dalle strutture della “buona scuola” renziana del 2016. Ho cominciato a scrivere molto sulla didattica a distanza, quindi sono passato dalla buona scuola alla DAD. E’ stato come essere su Marte per dieci mesi. Poi sono successe cose molto divertenti che ho voluto inserire nello spettacolo e ne ho escluse altre della vecchia versione.
Parlaci proprio della DAD.
E’ stata una grande moltiplicatrice di problemi già esistenti. Non è stata così devastante invece in situazioni virtuose. Il grande problema era creare il virtuosismo prima. Non parlo solo della famiglia ricca che può permettersi i dispositivi tecnologici, ma per i docenti che usavano già da tempo la tecnologia, la DAD è stata un trauma minore. Lo è stata per quelli che in precedenza si servivano meno degli strumenti tecnologici. L’unica cosa buona che sta facendo da tempo il Ministero è spingere per l’utilizzo di queste tecnologie. Il fatto che poi non fornisca gli strumenti per attuare questi progetti in termini di risorse, soldi, docenti e ore è un altro paio di maniche.
Dove c’erano situazioni di degrado periferico, la DAD è stata un problema maggiore. La gente aveva più difficoltà a lavorare e studiare in case dove c’erano meno stanze adibite allo smart working. La didattica a distanza è stata però una lente di ingrandimento su tutto: dove c’era dispersione scolastica l’ha aumentata; dove c’erano cura e attenzione i ragazzi e i docenti hanno prodotto cose creative che senza la DAD non avrebbero tirato fuori. Però bisognava tornare alla scuola in presenza e nei teatri, perché “lo schermo è bello quando dura poco”.
Tecnologia e relazioni umane
“Di quale emergenza sociale gli insegnanti possono essere oggi i rappresentanti?”
Per noi c’è un grande bisogno di ritornare al lato umano e relazionale, perché abbiamo fatto un’incetta di competenze tecnologiche che poi abbiamo passato agli alunni. C’è una legge di cui si parla da tanto tempo che vorrebbe far diventare il teatro sia una materia per gli alunni, sia un bagaglio di competenze tecniche per gli insegnanti. E’ un progetto che mi trova estremamente favorevole. L’idea è quella del lato umano: dopo la DAD bisogna imparare di nuovo l’ABC della relazione, perché i ragazzi – soprattutto alle superiori – hanno fatto solo un mese di scuola in presenza. Quale arte meglio di quella del teatro intesa come arte della relazione può prendere due piccioni con una fava, risolvendo così l’emergenza sociale? I tempi burocratici sono però un po’ proibitivi.
“Una domanda più per l’insegnante che per l’attore: secondo te come dovrebbe evolvere la scuola per dare ai ragazzi i giusti strumenti per affrontare la vita e il mondo del lavoro?”
La scuola tenta di fare un’operazione fallita in partenza: cerca di immaginare come sarà il mondo tra vent’anni e prova a fornire gli strumenti che serviranno in quel futuro lontano. Come diciamo nello spettacolo, un terzo dei lavori che faranno i ragazzi non sono ancora stati inventati. Bisogna potenziare le competenze relazionali e le capacità di lavorare in gruppo perché non verranno mai meno. Poi è necessario rafforzare anche le capacità digitali che sono imprescindibili. Io però non voglio pensare nell’ottica aziendalistica delle preparazioni tecnologiche e dell’imprenditoria, perché mi piace la lezione frontale, amo raccontare. Il problema è però sempre quello di unire la nostra creatività e la nostra cultura umanistica con l’aspetto tecnologico. Bisogna costruire un ponte tra questi due mondi che travalichi i confini dalle materie, ma senza un adeguamento delle risorse da parte del Ministero quest’obiettivo è irraggiungibile.
“Che differenze presenta la versione 2.0 rispetto a “La scuola non serve a nulla”, il tuo spettacolo del 2016?”
Non potevo non aggiornare uno spettacolo sulla scuola mettendo da parte la DAD. Inoltre sembra un testo scritto nelle ultime due settimane. Ci sono infatti una serie di eventi come una storia tra promessi sposi ambientata tra Palestina, Israele e Arabia Saudita. Poi raccontiamo di una caduta che si ricollega alla vicenda della maestra condannata a Milano a un anno di carcere. L’episodio si rifà al fatto di cronaca di Leonardo, il bambino morto precipitando nella tromba delle scale alla scuola Pirelli di Milano nell’ottobre 2019. I cambiamenti però riguardano soprattutto la DAD e l’eliminazione di cose vecchie.
- Foto di Laila Pozzo
- Si ringrazia Giulia Tatulli per la collaborazione