“LA TEMPESTA”: 4 DOMANDE A SUSANNA BACCARI

 

Il Teatro Leonardo di Milano propone in prima nazionale fino al 14 ottobre La Tempesta di William Shakespeare. Ne hanno curato l’adattamento e la regia Susanna Baccari e Claudio Orlandini. Ne sono protagonisti Cecilia Botturi, Mattia Cabrini, Daniele Carrara, Alberto Colombo, Andrea Migliorini e Francesca Montuori.

Classicismo e contemporaneità

Lo spettacolo coniuga il classico con la contemporaneità, la parola poetica con la spontaneità recitativa dei giovani attori, il talento virtuoso del singolo e il lavoro sulla coralità di gruppo. Tutto questo in una produzione dove l’atmosfera, le scene, l’architettura dello spazio, i costumi e tutto il tappeto sonoro e musicale, rivelano la magia e i contenuti dell’opera stessa. Disperati, coraggiosi, adulti e contradditori. I temi de La Tempesta riassumono il mondo e travolgono lo spettatore che del mondo è parte viva.

La parola alla regista Susanna Baccari

“Che chiave di lettura avete dato a questa tragedia di Shakespeare?”

Com’è stato scritto da me e da Claudio Orlandini anche nelle note di regia, partiamo come sempre dal gruppo di questi giovani attori. Si tratta di ragazzi che hanno finito il loro percorso nella nostra scuola Grock. La prima cosa da fare è capire le diverse personalità del gruppo e le peculiarità di ognuno di loro. Sicuramente la chiave sta proprio nel fatto di comprendere che tutti noi, proprio come il protagonista dell’opera, abbiamo una possibilità di fuga rispetto a determinati dolori o pene della vita. Forse, però,  la risoluzione sta proprio nel capire che queste vie di fuga non ci portano a una vera soluzione. Quindi ci riattacchiamo alla realtà e da lì combattiamo e andiamo avanti.

“Perché per Prospero si tratta di un cammino di conoscenza verso la realtà?”

Perché si immagina che in questi dodici anni, confinato e tradito da suo fratello che lo ha spodestato dal suo ducato, da solo su quest’isola, la sua voglia di conoscenza lo porti in una zona della vita magica, possibile e immaginifica. La natura lo alimenta di tutto questo. Poi però in qualche modo la sua ragionevolezza rispetto al fatto di non vendicarsi di quello che aveva subito lo riporta drammaticamente alla realtà. Drammaticamente lo diciamo noi. Forse invece è un passaggio verso una fine, una chiusura e un’adultità del personaggio.

“E’ solo un gioco teatrale o bisogna scavare di più nel profondo?”

Bisogna sempre scavare di più nel profondo! Infatti, confrontandoci con il fatto che noi non abbiamo anagraficamente i ragazzi che hanno quel tipo di vissuto di tutta una vita come il personaggio di Prospero, che può veramente riflettere su quello che è stato, ci siamo detti che forse tante volte lo sfuggire a una realtà che ci addolora così tanto non risolve niente. Sicuramente stare con il lato poetico della vita ti dà una via di fuga, ti dà una possibilità. Però forse affrontare la realtà ci crea davvero una forza. Lui lo fa dopo una vita vissuta. Il personaggio è arrivato quasi al culmine della sua esistenza, però noi lo possiamo fare anche nel nostro percorso. Ognuno di noi ha un naufragio dal quale risalire.

“In che cosa sta la grandezza di quest’opera di Shakespeare?”

Io sono stata catturata dalla meraviglia della natura. Sono stata da questa possibilità infinita di immaginare l’impossibile, da questa zona dell’opera che ci dà come sempre un’atmosfera scespiriana. Nella “Tempesta” è veramente un’apoteosi di bellezza. Per Claudio Orlandini credo sia stato il fatto di capire che la vera forza umana sta nel fatto di vivere la vita con i piedi per terra. Quindi il poetico e la poesia ci radicano, ci creano delle radici, ci danno la forza di sopportare tutto quello che la vita ci mette davanti.