Dall’Ilva di Taranto a Porto Marghera, non si contano in Italia i siti industriali che hanno causato numerose morti per inquinamento da tumore o semplicemente a rischio di provocarle.
Teoria del cracker parla proprio di questo: della malattia improvvisa di una donna che vive in un paese di 900 anime, a pochi passi da una città piena di fabbriche e inceneritori, dove a causa del fumo ormai non si riesce neanche più a distinguere il colore del cielo. Una vicenda dove le protagoniste sono la malattia, le nuvole tossiche e l’amianto che sconvolgono la vita di una famiglia, di un paese, di una provincia, di una regione, di un intero Stato.
Lo spettacolo, scritto, diretto e interpretato da Daniele Aureli, grazie all’importante collaborazione della dramaturg Giusi De Santis e di Massimiliano Burini come primo spettatore, è in scena dall’11 al 13 ottobre al Teatro della Cooperativa di Milano.
La parola a Daniele Aureli
“Parliamo del titolo: “Teoria del cracker”. Come nasce?”
“E’ una teoria fittizia, secondo la quale quando si mangia un cracker, il rumore che sentiamo dentro di noi è molto più forte rispetto a quello avvertito dalle persone che ci stanno accanto. La stessa cosa succede con il dolore. Con questa teoria siamo partiti dalla storia che vogliamo raccontare e le abbiamo dato un titolo e una definizione. Un titolo che può essere abbastanza ironico, ma che rapportato al dolore, crea per noi un contrasto forte importante.
Entrando nel merito dello spettacolo, il titolo si sposa con la vicenda delle morti da tumore perché abbiamo analizzato quello che accade intorno alla vittima. Abbiamo preso in esame un piccolo paese, dove ognuno reagisce al dolore di questa persona in modo differente: c’è chi piange, chi si dispera, chi è freddo e distaccato e chi vuole dare una mano. Rendendoci conto di quello che stava accadendo e prendendolo in esame, abbiamo deciso di spiegarlo con una teoria, appunto quella del cracker.”
“Vi siete ispirati a qualche fatto di cronaca reale o è tutto frutto della vostra fantasia?”
“L’ispirazione ci è venuta dall’Umbria, la regione dove sono nato e da cui viene la mia compagnia di teatro Occhisulmondo, con la quale lavoro da molti anni. In particolare, Terni è una delle 44 zone inquinate oltre ogni limite di legge. Il tasso di mortalità per tumore è alto. Quindi ognuno di noi ha perso delle persone care, decedute in seguito al cancro. Analizzando questo aspetto, ci sembrava opportuno parlarne. E’ stato come un bisogno immediato di scrittura.”
“Il narratore dello spettacolo non è una persona in carne e ossa, bensì… Lo lascio dire a te.”
“Bensì la malattia vera e propria. Iniziando la ricerca di questo lavoro, al principio avevamo anche pensato di far raccontare la vicenda ai vari protagonisti della storia. Poi però, andando a fondo con il lavoro, abbiamo voluto rischiare e farla raccontare a un narratore insolito, cioè la malattia stessa. Così facendo, ci siamo messi in gioco totalmente, cercando di capire cosa accade all’interno del corpo di una persona.”
“Lo spettacolo ha vinto il premio della Giuria popolare tuttoteatro.com Dante Cappelletti nel 2017. Vi aspettavate un riconoscimento così prestigioso?”
“Sinceramente no, però ci speravamo. Noi sorridiamo sempre, perché arriviamo sempre secondi, ormai è il nostro marchio di fabbrica. Siamo sempre vicini a vincere qualcosa, ma non succede mai. Invece nel 2017, quando abbiamo vinto il riconoscimento della Giuria popolare, siamo stati molto contenti, perché grazie al premio Tuttoteatro.com, alla direttrice Mariateresa Surianello e agli altri critici, c’è stato un ottimo passaparola che ha fatto prendere realmente vita allo spettacolo e a farlo proseguire molto bene anche oggi, a due anni di distanza da quella vittoria. Io però sarò sempre grato a quell’occasione, perché è stata molto importante e ci ha aperto nuove strade.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Tatulli per il supporto professionale