Il Teatro San Babila di Milano presenta fino a domenica 19 febbraio Terapia di gruppo, uno spettacolo di Christopher Durang per la regia di Stefano Messina, anche protagonista in scena con Annalisa Di Nola, Carlo Lizzani, Sebastiano Colla, Crescenza Guarnieri e Valerio Camelin.
Il rapporto con noi stessi e gli altri
Si tratta di una commedia cinica e divertente, che attraverso i suoi personaggi complessi e irrisolti, racconta le nevrosi della società contemporanea. Oltre a questo vengono presentate le piccole e grandi contraddizioni della vita quotidiana e del nostro rapporto con noi stessi e gli altri. Bruce, bisessuale represso, fidanzato con Bob, è intenzionato a farsi una famiglia “normale”. Al suo annuncio matrimoniale risponde Prudence, una ragazza omofobica e sentimentalmente provata in cerca del principe azzurro. Le loro complesse personalità, refrattarie a ogni tipo di ascolto dell’altro, faranno del loro primo incontro un totale disastro.
La parola a Stefano Messina
Teatro.Online ha intervistato Stefano Messina, regista e protagonista della pièce.
“In che cosa sta la complessità dei personaggi?”
“E’ un teatro molto di parola. L’azione è sulla parola e sulle relazioni. Non è un teatro fisico, per cui l’importanza di essere precisi e di far arrivare le intenzioni nel modo più preciso possibile ci dà anche il senso della sintesi e dell’economia di quello che ci suggerisce il testo”.
“Questa commedia racconta le nevrosi della società contemporanea?”
“Sì, le racconta e le amplifica anche in una direzione quasi grottesca, anche se per funzionare i personaggi di questa commedia vanno trattati con il maggior realismo possibile e con la maggiore verità possibile. Sono le situazioni che in qualche modo risultano grottesche. Soprattutto nei personaggi dei due analisti sfioriamo una situazione che è quasi grottesca, perché sono più fuori dei pazienti che hanno in cura. Però riusciamo a rendere credibile il grottesco, soprattutto se la recitazione e i comportamenti di questi personaggi sono assolutamente naturali”.
“Perché solo il gruppo può migliorare l’esistenza dell’individuo?”
“Perché non ci si può rinchiudere nel proprio mondo. Perché ci sarebbe qualcosa di falsato, una visione sicuramente a metà di quello che è il mondo. Per capire come siamo fatti noi bisogna per forza che ci relazioniamo con gli altri, perché ci possono far vedere aspetti di noi che possiamo anche non sospettare. Per cui quando si dice che l’unione fa la forza, in qualche modo è vero”.
“E’ davvero solo l’umorismo l’antidoto ai mali del mondo?”
“No, diciamo che non è l’unica cosa. C’è anche l’etica dei comportamenti. Non invadere la libertà altrui aiuta moltissimo, così come anche la comprensione e la compassione. Però credo che l’umorismo, l’ironia e la risata liberatoria siano ingredienti necessari all’esistenza dell’uomo. Non riesco a pensare a un’esistenza senza la risata. Mi sembra difficile. Credo che saremo tutti un po’ più tristi e malinconici”.