“THE DEI AFTER”: GLI IMPROBABILI DEI DI RITA PELUSIO

Fobia della vita, smarrimento del ruolo e crisi dei valori. Il maschio perde la propria posizione nel mondo e quindi il senso della propria esistenza. Ne consegue una crisi che porta a una mancanza totale di funzionamento della figura maschile. E’ possibile ripararla? Per risolvere il problema vengono chiamate in soccorso tre divinità: un decrepito Zeus, un Efesto tracagnotto e uno sprovveduto Ermes.

The Dei After è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 9 al 12 gennaio in prima nazionale. Scritto da Domenico Ferrari e diretto da Rita Pelusio, lo spettacolo vede protagoniste Mila Boeri, Cristina Castigliola e Matilde Facheris. La produzione è del Teatro Atir Ringhiera.

Intervista a Rita Pelusio

“Quali sono i motivi per cui il maschio entra in crisi?”

Nel nostro caso i più importanti sono il lavoro precario, la psicologia maschile che inizia a vacillare e soprattutto il fatto che gli viene tolto il ruolo di capofamiglia. In Italia, infatti, è ancora l’uomo che porta i soldi a casa. Quando non li porta più c’è una crisi d’identità: il ragionamento è “non sono quello che sono ma sono quello che faccio”.

Le altre ragioni sono una sessualità sfalsata, l’invecchiamento che porta l’uomo a sentirsi meno forte e il doversi rimettere in discussione con il ruolo della donna che sta cambiando. Molti maschi non accettano per niente, neanche a livello inconscio e psicologico, la parità dei sessi di cui si parla tanto. Non è così nemmeno negli ambienti più illuminati e di sinistra.

Però sono temi che trattiamo ridendo. Ci sono gli dèi chiamati a ricostruire i brandelli di un maschio sparpagliati sulla scena e si interrogano su come rimetterlo a posto: per Efesto la cosa più importante è il pollice opponibile, quindi il lavoro; per Zeus invece è la virilità che si perde con l’invecchiamento e questo alla fine porta a un crollo.”

“C’è ancora una speranza di salvezza per il maschio? In caso affermativo ne vale la pena?”

Certo. Non c’è salvezza se l’uomo e la donna non entrano in comunicazione. Non deve essere però un discorso unilaterale. Dovremmo davvero farlo insieme, io ci credo molto. Dico sempre che già a scuola bisognerebbe ripartire da una diversa educazione all’affettività e al modo di porsi. La speranza c’è ma è nei piccoli. Noi ormai siamo bruciati!”

“Perché hai scelto tre attrici per interpretare tre divinità maschili?”

Perché è un progetto del collettivo King di Atir Teatro Ringhiera. Tutti sanno cosa sono le drag queen, ma esistono anche le drag king: si tratta di donne che vestono panni da uomini e indagano il loro lato maschile. Anche i king lavorano molto col playback e ne ho guardati tantissimi per capire che tipologia di lavoro fosse. Questo però non è solo uno spettacolo performativo con il numero, il playback e la canzone, ed è uno dei pochissimi in Italia. Qui le attrici usano una voce maschile dopo un lungo lavoro di ricerca vocale, tenendo degli stilemi: ci sono canzoni cantate dal vivo e coreografie eseguite in modo comico.”

“Sei una delle attrici comiche più affermate del decennio che si è appena concluso, ma ti cimenti molto spesso anche con la regia. Ti piace più dirigere gli attori o recitare?”

“Mi piacciono entrambe le cose. Nella regia realizzo dei sogni. Dirigo quello che non sarei capace di fare in scena. Per esempio in questo spettacolo ci sono tre attrici che lavorano benissimo in un modo che per me sarebbe impossibile. La prossima regia sarà una lirica comica, Il flauto magico, con tre musicisti clown molto bravi. Si intitola Papageno e Papagena. Fare la regia comica di un’opera lirica in cui io non so cantare è la realizzazione di un sogno. E’ come fare un figlio: nasce un amore per il progetto molto più forte!

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringraziano Maurizia Leonelli e Giulia Tatulli per il supporto professionale