THE SENSE OF LIFE FOR “A SINGLE MAN”

Un professore universitario che perde il compagno in un incidente stradale, il vuoto intorno a lui e l’incapacità di guardare al futuro circondandosi degli oggetti di un passato che ai suoi occhi diventa sempre più vuoto e difficile. Sono queste le tematiche princupali di The sense of a life for a single man, in scena al Teatro Litta di Milano fino all’8 dicembre.

Diretto da Pasquale Marrazzo, che ne è anche l’ideatore e il protagonista, lo spettacolo vede impegnati sulla scena anche Michele Costabile, Rossana Gay e Giovanni Consoli.

Intervista a Pasquale Marrazzo

“Lo spettacolo è tratto dal libro di Christopher Isherwood. Che cosa è cambiato nella vostra versione?”

“Sostanzialmente la storia rimane la stessa, con un testo di narrativa. Ne ho fatto un adattamento teatrale, quindi ho creato i dialoghi. In più ho fatto rivivere il compagno del protagonista George Falconer, che nel testo vive nel ricordo e nella versione teatrale è presente in scena. Questa è la novità sostanziale.”

“Si può quindi dire che oltre a George Falconer, il protagonista dello spettacolo sia il ricordo del suo compagno?”

Assolutamente sì. Perché ci sono i dialoghi più intensi, dove si possono paragonare i due momenti tra la vita vissuta nel ricordo e quella fatta di assoluta solitudine del presente. Quindi è una relazione che crea molta tensione all’interno dello spettacolo, drammaturgicamente ha una forte funzione.”

“Quanto sono di supporto gli altri personaggi nel processo di elaborazione del lutto? Perché è di questo che si parla.”

“Sì, esatto. In realtà tutti i personaggi hanno una loro importanza in questa elaborazione. C’è l’amica, Charlie, che nel film era interpretata da Julianne Moore. Ho molto intensificato il suo personaggio nella relazione con George. Diventano due personaggi soli in cerca di compagnia, cercano tutti e due dei ricordi. Sono tutti e due di origini inglesi. Ricordando la loro patria, si sente un forte senso di malinconia rispetto a tutto il passato e a un futuro che sembra non avere grandi prospettive.

Poi c’è un giovanissimo studente che sembra voler cambiare la vita di George Falconer, invece poi si rivela un personaggio senza spina dorsale. Quindi il senso della solitudine diventa sempre più forte quando vede un rifiuto da parte di questo ragazzo che inizialmente gli fa credere altro.

In realtà lo spettacolo vive di stati d’animo interiori difficili da spiegare, che però nella pièce si avvertono molto.”

“Oltre a essere il regista dello spettacolo, lei prende il posto del protagonista. Cosa cambia tra dirigere gli attori e se stessi?”

“Sì, ho dovuto farlo perché mi spiaceva non andare in scena. Ho ideato io lo spettacolo e ho dovuto passare dall’altra parte della barricata. Ho dovuto mettere in pratica tutto quello che dicevo agli attori, quindi sono diventato attore e ho messo da parte il mio compito di regista. Quando si è anche attori c’è anche una maggiore comprensione del loro stato d’animo. Noi registi siamo a volte un po’ spocchiosi. Invece c’è la necessità di portare a vivere il personaggio in modo coerente. Poi io tengo molto agli attori, perché il teatro e il cinema sono fatti da loro. Tutto il resto è contorno. Anche se c’è una bellissima scenografia e un bellissimo testo non sorretto da bravi attori, lo spettacolo non c’è. Quindi gli attori vanno trattati bene. Aspettiamo il pubblico per vedere lo spettacolo. Siamo qui per voi.”

  • Si ringrazia Alessandra Paoli per il supporto professionale