Ivana Trettel, “Il metodo Opera Liquida”

Nell’ambito della programmazione di Milano è viva del Comune di Milano, quattro appuntamenti dentro e fuori le mura del carcere con la rassegna “Dal quartiere Quintosole: irradiare e ricevere cultura e bellezza”, ideata da Opera Liquida, grazie alla Direzione della Casa di Reclusione Milano Opera. Quintosole, così nominato dal 1346, evoca rinascite, albe, universi sconosciuti. Quintosole è l’antico quartiere su cui si affaccia la casa di reclusione Milano Opera, per sua natura la periferia più lontana ed invisibile. Lo spazio che si vorrebbe dimenticare, doloroso, dove il tempo è sospeso. Gli appuntamenti sono previsti il 2 e il 3 dicembre alla scuola civica Paolo Grassi e il 6 a Pacta Salone e il 21 dicembre a Campo Teatrale. Gli acquisti sono possibili sul sito o la sera dello spettacolo.

Parla Ivana Trettel

Quali sono gli appuntamenti previsti?

Cominciano il 2 e il 3 dicembre con un workshop riservato agli studenti della Paolo Grassi del corso di recitazione al quale teniamo molto, perché insieme a me ci saranno anche Vittorio Mantovani, attore storico di Opera Liquida ed ex detenuto e poeta, e Alex Sanchez, che è un attore, scrittore e drammaturgo ancora detenuto. Ci giochiamo insieme le due giornate di workshop. Poi sempre il 3 alle 15 presso la Casa di Reclusione Milano Opera ospitiamo uno spettacolo molto bello e intenso, Armando, lettere resistenti che parte da una storia vera dell’attore in scena.

E’ una storia che mi piace definire una lente d’ingrandimento emotiva, nel senso che è la storia di queste lettere che l’attore stesso ha trovato in cantina, che il papà scriveva al nonno che era un maestro che aveva fatto la Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, deportato a Mauthausen. Quindi con il linguaggio dei clown, si affrontano gli orrori della guerra. E poi Opera Liquida in città il 6 dicembre alle ore 21 a Pacta Salone e il 21 dicembre alle ore 21 a Campo Teatrale con Noi Guerra! Le meraviglie del nulla, che è il nostro spettacolo che indaga la guerra in un impianto drammaturgico che alterna la relazione dell’odio in questo continuo battage a cui siamo sottoposti un po’ tutti, che in maniera parossistica descrive gli odi da distribuire e l’umanità che cerca di mantenere la sua natura.

Perché per la rassegna è così importante il quartiere Quintosole?

E’ stato un po’ uno stupore. Io ho sempre pensato che il carcere fosse un quartiere della città. Infatti dal 2014 organizziamo il festival Prova a sollevarsi dal suolo che è per un pubblico misto di detenuti e persone che arrivano dall’esterno. Il carcere di Opera si trova un po’ a metà perché ha gli ingressi e parte della sua struttura nel Comune di Milano e l’altra parte a Opera. Quindi, scoprire che il quartiere si chiama Quintosole mi è sembrata un’evocazione davvero interessante, perché da un luogo che si spera sia sempre meno isolato esistono questi raggi che possono irradiare e portare cultura e bellezza che credo che siano ciò che fa la differenza.

Qual è il metodo di Opera Liquida?

Noi facciamo teatro di ricerca e creiamo spettacoli originali, quindi da un lato c’è la formazione dell’attore come canto, voce, uso del corpo e presenza scenica e dall’altro abbiamo il laboratorio drammaturgico sul tema che normalmente io propongo. Non mi è stato ancora cassato un tema dal gruppo. Quindi lì cominciamo a ragionare e poi da questi ragionamenti, da queste suggestioni e da queste visioni di film, chi vuole comincia a scrivere. Da questi scritti io compongo il montaggio drammaturgico. Noi ci mettiamo un anno, un anno e mezzo, a mettere in scena uno spettacolo.

C’è una crescita da un punto di vista creativo e attoriale. Alcuni attori lavorano con noi da molti anni e questo è più o meno il nostro approccio. Devo dire che è un approccio artistico, nel senso che è vero che il teatro ha dei benefici. Questi sono stati dimostrati in ricerche scientifiche anche sulle persone detenute, però l’obiettivo comune è la messa in scena. Poi osserviamo gli effetti collaterali.

Che tipo di lavoro hanno fatto i detenuti?

E’ un lavoro molto puntuale e generoso. I testi sono, oltre che miei, di Claudio Lamponi, di Gentian Ndoja e di Alex Sanchez che verrà con me anche alla Paolo Grassi. C’è stato prima un lavoro di studio e scrittura, poi la messa a disposizione delle proprie capacità. Ci sono stati i costumisti e gli scenografi dei nostri laboratori di formazione professionale sui mestieri del teatro. I primi hanno lavorato sui costumi ideati da Salvatore Vignola, i secondi sulle opere di Giovanni Anceschi.

In scena si possono vedere le meravigliose “Tavole di possibilità liquide enormi”, come le chiama Giovanni Anceschi, che a partire dal suo progetto del 1959, ha ideato insieme a me queste bellissime opere che fanno parte della drammaturgia scenica. Quindi è un impegno per loro enorme. In questi giorni siamo andati in scena all’interno della masterclass. Un attore non stava bene e un altro si è messo a disposizione per sostituirlo in una scena complicatissima di danza. Quindi ci sono un grande slancio e una grande caratura professionale.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Nicoletta Prevost
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