QUEL RITORNO DI ULISSE CHE RAPPRESENTA TUTTI NOI

Corrado d’Elia torna in scena per raccontarci uno dei miti più famosi di tutti i tempi: l’affascinante figura di Ulisse e delle sue peregrinazioni arriva al Teatro Leonardo di Milano fino al 9 febbraio con lo spettacolo Ulisse, il ritorno, ideato, scritto e diretto dallo stesso Corrado d’Elia, che ne è anche protagonista con Raffaella Boscolo e Angelo Zampieri.

L’intervista video a Corrado d’Elia

Il racconto di Omero è solo lo spunto iniziale. Lo spettacolo è infatti un viaggio poetico nell’uomo e nell’oggi, una riflessione necessaria sul nostro mondo, sul nostro tempo, sulle nostre utopie e sugli ideali su cui una generazione ha costruito la propria vita e il proprio modo di essere.

La parola a Corrado d’Elia

“E’ più il viaggio interiore e mentale di Ulisse che quello fisico quello che hai voluto raccontare in questo spettacolo, giusto?”

“Sì, in generale è così. Noi possiamo fermarci al viaggio fisico, ma lo lasciamo a quei disegni che incontriamo davanti ai libri. In realtà, il viaggio stesso di Ulisse è un viaggio di formazione. Ulisse siamo noi che ritorniamo a casa, a Itaca: Itakè, la teca dell’io. E’ la nostra casa personale, la nostra parte sensibile. Ritornare è un gesto importante. E’ bello cominciare le cose e fare i viaggi, ma è altrettanto bello e interessante ritornare. Se non c’è ritorno a noi stessi, non ci sono neanche la critica e il pensiero di quello che è stato.

In realtà, noi raccontiamo il ritorno di un Ulisse contemporaneo. Certo, parleremo di Scilla e Cariddi, dei Proci, di Circe e di Penelope: incontriamo tutto quello che c’è nella nostra memoria, ma in maniera contemporanea. Se Ulisse dovesse tornare oggi, che mezzi prenderebbe? Che cosa incontrerebbe? Di cosa parlerebbe con le persone? Ecco, questo è un po’ il tema di base.”

“E’ quindi un Ulisse che si fa paladino e portatore dei nostri sogni e dei nostri ideali e che in un certo qual modo ci rappresenta tutti quanti?”

“Arrivati a una mezza età, ognuno di noi fa il punto e capisce se gli ideali che ha avuto e le cose in cui ha creduto si sono avverate o meno. E’ una buona pratica ed è giusto farlo. Cosa rimane del nostro percorso politico e identitario? Oggi cosa siamo riusciti a fare? Questo è il tema vero. Qual è il nostro primo ricordo? I ricordi sono importanti. Io lo ripeto spesso: noi ricordiamo solo le cose che ci emozionano. Quello che non ci ha emozionato noi non lo ricordiamo e non lo ricorderemo mai. Una giornata senza emozioni è una giornata che non verrà mai ricordata. Noi non possiamo crearci le emozioni da noi: le emozioni arrivano dagli incontri, dalle cose accidentali, da ciò che ci capita, persino dai dolori, non solo dalle cose allegre. Se noi non incontriamo, non ci emozioniamo e non ci ricordiamo le cose.

L’altro binario riguarda il nostro primo ricordo. Noi ci pensiamo molto poco e non ci chiediamo mai quali sono i nostri ricordi appena abbiamo aperto gli occhi. Allora noi andiamo a scavare in tutto questo e torniamo indietro. Capiamo così che Ulisse siamo noi. Io pongo una serie di domande che il pubblico deve farsi in sala.”

“Quant’è rimasto della dimensione mitica della figura di Ulisse?”

Ulisse è una di quelle figure che rimarrà per sempre. Non solo perché grandi cantori e grandi poeti ne hanno fatto una figura irrinunciabile. Però come tutti i grandi testi – e penso all’Iliade, all’Odissea, alla Divina Commedia – noi stiamo raccontando il percorso dell’uomo, di ognuno di noi. Così come i grandi geni – Van Gogh, Beethoven – parlano di noi. Io continuo a scavare in questa direzione: che cosa ci riguarda? Lo spettacolo parla di noi e muove delle riflessioni su di noi, quindi dimentichiamoci l’Odissea scolastica: una persona deve tornare a sé. Quanti di noi devono tornare a sé, magari dopo la fine di una storia, di un lavoro o di un incontro? Le persone non stanno sulla Terra tutta la vita: alla fine torniamo a noi.”

“Perché hai voluto dedicare lo spettacolo al regista greco Theo Angelopoulos?”

Theo Angelopoulos è stato un grande regista. Ha raccontato un certo tipo di cinema, che era un cinema visionario, poetico e politico. Lo spettacolo è a lui interamente dedicato. Ritroviamo delle atmosfere e alcuni passaggi della sua cinematografia. Theo Angelopoulos ha fatto film che oggi sono quasi invedibili, perché durano anche 4-5 ore. Hanno una tecnica cinematografica che può sembrare un po’antica rispetto ai ritmi e al modo di fare cinema di oggi, però ci regalano delle atmosfere irrinunciabili.

Noi non possiamo non aver visto i film di Angelopoulos: è come dire di non aver mai visto un film di Michelangelo Antonioni o di Federico Fellini. Angelopoulos racconta ovviamente di una Grecia particolare, non certo di quella del mare o delle isolette. Racconta però anche degli artisti, degli attori, della guerra, di divisioni, di solitudini, di poesia, di uomini e donne che si amano ma non possono. Racconta quelle dimensioni che creano una tensione drammatica. Questo per me era interessante: quei paesaggi che sono sempre – per usare una citazione – passaggi nella nebbia.”

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringrazia Alessandra Paoli per la collaborazione