La storia vera di Jim Davidson e Mike Price, della loro amicizia e della loro cordata torna a commuovere e ad emozionare. Nel 1992 i due decisero di scalare quella che nello stato americano di Washington viene considerata la montagna per eccellenza: il Monte Rainier, che con i suoi 4.392 metri domina Seattle, dove quasi con timore reverenziale viene chiamato “The Mountain”. Raggiungere la vetta è il sogno di ogni scalatore. Per Jim e Mike, però, quell’impresa non sarà solo una scalata, ma un punto di non ritorno, un viaggio lungo e profondo dentro la loro anima e la loro amicizia, che durerà molto di più dei quattro giorni previsti per arrivare in cima.
Dopo il successo del 2017 al Teatro Atir Ringhiera, Un altro Everest arriva al Teatro della Cooperativa di Milano, dove rimarrà in scena fino al 22 aprile. Scritto e diretto da Mattia Fabris e Jacopo Maria Bicocchi, vede anche i due attori unici protagonisti sulla scena.
Quattro domande a Mattia Fabris e Jacopo Maria Bicocchi
“Perché la storia di Jim e Mike potrebbe essere quella di ognuno di noi?”
Mattia Fabris: Sia con “(S)legati” che con questo spettacolo la montagna è un pretesto e un contesto per parlare dell’uomo. E’ vero che sono due storie legate a un gesto alpinistico, ma per noi è importante che il teatro porti in scena vicende universali che possano contenere le nostre. Tutta la grande drammaturgia e il grande teatro sono così. A volte gli spettacoli sono ambientati in un contesto specifico, ma quello è solo il luogo dove l’uomo mostra qualcosa di sé. E questo che ci interessa. In questo caso ci importava in particolare un certo aspetto della relazione. La montagna si presta a questo perché è un luogo di rapporti. La cordata ne è l’immagine stessa.
Quando siamo andati a presentare lo spettacolo nei rifugi ad alta quota, abbiamo avuto tra il pubblico gente che non era mai stata in un teatro in vita sua, ma anche persone che non erano mai andate in montagna. Questo dimostra che non è solo uno spettacolo per gli amanti dell’alpinismo, ma che si è creata una bella sinergia tra ambiente naturale e teatro.
“C’è un altro spettacolo che avete fatto insieme che ha come tema la montagna ed è (S)legati. Che rapporto c’è fra i due?”
Jacopo Maria Bicocchi: C’è un rapporto di continuità. Oltre a fare gli spettacoli nei teatri giriamo tantissimo in quei luoghi che appartengono alla montagna o ai quali la montagna appartiene come il CAI e i rifugi ad alta quota. Quindi abbiamo sentito la chiamata a continuare la relazione con la montagna e a cercare un’altra storia. La cercavamo talmente tanto che non arrivava. Poi a un certo punto la vita ci ha parlato e abbiamo capito che “Un alt(r)o Everest” poteva contenere quei significati che siamo obbligati ad affrontare nella vita di tutti i giorni. Così abbiamo pensato che potesse essere il giusto contenitore per poter raccontare l’uomo e allo stesso tempo per continuare la nostra relazione con la montagna.
“E’ giusto dire che la fiducia reciproca è l’unica certezza che hanno Mike e Jim?”
Mattia Fabris: La fiducia è un elemento fondamentale della cordata. In questo spettacolo è portata alle conseguenze estreme. Però non posso dirti di più, perché lo spettacolo è anche un thriller, quindi è meglio non svelare troppo. Comunque la risposta alla tua domanda è sì.
“Quanto si modificherà la loro amicizia dopo quell’esperienza?”
Jacopo Maria Bicocchi: Cambierà drasticamente. Noi diciamo che in qualche modo i crepacci che i due amici incontrano sono anche crepacci dell’anima e della vita. A volte ci troviamo ad affrontare difficoltà che non possiamo aggirare. Non possiamo nemmeno tornare indietro, dobbiamo per forza affrontare i crepacci. Nell’affrontarli si crea un’esperienza che ci porta a modificare noi stessi e la relazione. L’importante è che essa possa continuare. E infatti continua in un modo assolutamente inaspettato e nuovo per tutti e due i personaggi.
(intervista e riprese video di Andrea Simone)