Una mirabolante parabola drammaturgica che nasce da ricordi personali per esplorare il tema della diversità. Una straordinaria varietà di situazioni ed emozioni, tra cui la nascita di un libro rivoluzionario, strategie estreme di sopravvivenza al bullismo e oscure nozioni sull’Alto Vicentino, solo per citarne alcune.
Uno su seimila è un monologo in scena al Teatro Linguaggicreativi di Milano il 16 e il 17 febbraio. Un testo scritto, diretto e interpretato unicamente da Marco Bianchini.
Parla Marco Bianchini
“Come prima domanda io so che questo è uno spettacolo che si ispira interamente alle tue vicende personali. Ce ne vuoi parlare?”
“Non è esattamente una confessione in cui spiattello tutto senza pietà. C’è una gran parte di elaborazione, quindi non tutto è esattamente identico alla realtà. Ho costruito lo spettacolo partendo da alcuni autori musicali che toccavano le mie corde personali e ho rielaborato il mio vissuto sulla base del testo delle canzoni.
La mia esperienza è quello di un ragazzino adolescente che si scopre omosessuale in un paesino della provincia veneta, dove non solo l’omosessualità era osteggiata ma non era nemmeno contemplata. Se ne parlava in maniera negativa per fare scherzi e battute da caserma. In una situazione simile un gay cresce con una sorta di senso di colpa e inadeguatezza, chiedendosi cosa non va in lui e perché tutti gli altri sono giusti e lui no. Poi, crescendo, uno si rende conto che non è proprio così. Purtroppo l’alto Vicentino, la zona in cui sono nato e cresciuto, è ancora in questa situazione: ufficialmente a Villaverla, il mio paese, non esiste ancora un gay dichiarato.
Io non mi piango addosso: lo spettacolo è abbastanza ironico e fa ridere. Non chiedo di essere compianto perché ho sofferto tanto, anche perché la mia non è stata una sofferenza poi così grande. Ho deciso di fare questo spettacolo perché la situazione nel mio paese, in Italia e nel mondo stava diventando un po’ troppo insostenibile. Quindi avevo bisogno di metterci la faccia anch’io e di dire qualcosa a proposito di una questione che mi tocca personalmente.”
“Di che cosa parla esattamente questo monologo e come mai hai scelto questo titolo?”
“Il titolo è abbastanza esplicativo dello spettacolo, perché parla di cosa voglia dire sentirsi unico e da solo in un paese di seimila abitanti. E’ uno spettacolo che parla di diversità a partire da una diversità: la mia, quella di un ragazzo che è apparententemente l’unico omosessuale in un paesino di seimila abitanti. Poi il discorso si allarga in un ambito decisamente più ampio. Però l’uno su seimila sono io e i seimila sono gli altri abitanti del paese.”
“Fino a che punto si può cambiare se stessi?”
“Parecchio. Però tutto quello che si è torna poi indietro.”
“Invece cosa succede quando si smette di adattarsi?”
“Intanto si comincia a stare bene. Poi si inizia a fare qualcosa per smettere di adattarsi al mondo, in modo che il mondo cambi un po’ per essere più vivibile per noi e per tutti quelli che sono nelle nostre stesse condizioni.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Simona Calamita per la gentile collaborazione