Tutto è cominciato con un libro, Il silenzio sugli innocenti di Luca Mariani, un giornalista che non si arrende alle prime risposte, che insiste. E’ il 22 luglio 2011, in Norvegia. Anders Behring Breivik, “il mostro”, scatena l’inferno. Otto morti con un’autobomba a Oslo, un diversivo e poi il vero obiettivo: 69 ragazzi laburisti ucciso uno a uno nell’isola di Utoya, il paradiso nordico, sede storica dei campeggi estivi dei giovani socialisti di tutto il mondo.
Utoya di Edoardo Erba è in scena al Teatro Litta di Milano fino al 16 febbraio. Diretto da Serena Sinigaglia, lo spettacolo vede protagonisti Arianna Scommegna e Mattia Fabris. Una co-produzione di Teatro Atir Ringhiera e Teatro Metastasio di Prato.
Quattro domande a Mattia Fabris ed Arianna Scommegna
“Quale fu il vero movente della strage secondo voi?”
Mattia Fabris: “Senza dubbio lo stragista Anders Behring Breivik ha indicato delle ragioni. Lui era un uomo contro il multiculturalismo, contro l’immigrazione, contro l’Europa e ha scritto un compendio di 1.500 pagine che ha spedito a qualche migliaio di indirizzi poco prima di mettere la bomba a Oslo e di perpetrare la strage che ha fatto sull’isola di Utoya. Quindi lui dichiara i moventi molto apertamente: sono moventi politici e culturali. E’ un antieuropeista dichiarato.”
Arianna Scommegna: “Vuole uccidere le giovani menti che credono nei valori che lui disprezza e odia: il multiculturalismo, la tolleranza, l’integrazione.”
“Perché i media hanno restituito una narrazione distorta?”
Mattia Fabris: “Luca Mariani, il giornalista che ha scritto il libro da cui siamo partiti, Il silenzio sugli innocenti, fa un’indagine eccezionale che in qualche modo spiega e rivela tutto quanto accaduto, e che nasce proprio in virtù di questa insofferenza nei confronti di questa grande omissione dei media, che hanno inizialmente derubricato la strage come la strage perpetrata da un estremista islamico.
Dopo qualche ora, ci si è accorti che non era affatto così, ma che lo stragista era un norvegese nordico bianco e da lì la strage è diventata quella di quel matto che ha ammazzato quei giovani campeggiatori, ma non è così. Quindi la prima ragione di quest’omissione che mi viene da dire è che è molto più semplice indicare un nemico che viene da fuori e concentrare le proprie forze e frustrazioni verso quella figura, ma quando si scopre che il nemico è dentro di noi e nasce in seno alla nostra civiltà, salta fuori un corto circuito molto più difficile da gestire e da digerire.”
“E’ stata una strage politica?”
Arianna Scommegna: “Sì, decisamente, perché questi ragazzi non erano ragazzi qualsiasi. Erano veramente le future menti che avrebbero potuto realizzare diversi progetti politici.”
Mattia Fabris: “Ed erano giovani laburisti provenienti da tutto il mondo. Utoya è la sede storica del campeggio dei giovani laburisti. Breivik è andato lì per ammazzare quei ragazzi. E’ un dettaglio importante. Fu una strage assolutamente politica. La bomba di Oslo fu un terribile diversivo: sono morte otto persone, ma ne potevano morire molte di più perché lui aveva trovato traffico, quindi era arrivato tardi e la bomba era esplosa durante la pausa pranzo. Per cui il palazzo del governo era piuttosto vuoto, ma quello era un diversivo. Lui voleva andare a Utoya a uccidere i ragazzini, i giovani del partito laburista norvegese e in realtà erano giovani che venivano da tutto il mondo, tra i 14 e i 20 anni, quindi nel virgulto dell’età.”
Arianna Scommegna: “Un progetto preparato e studiato in anni. Lui ha affittato una fattoria per potersi permettere di comprare un quantitativo di fertilizzante per produrre poi la bomba. Ha scritto un compendio di 1.500 pagine. Non è che ha mandato un messaggino on line.”
Mattia Fabris: “Ha imparato come si fa un’autobomba, che non è una cosa scontata.”
“Siamo di fronte a un tentativo di fare memoria e denuncia senza fare teatro civile?”
Arianna Scommegna: “Noi non abbiamo voluto fare proprio uno spettacolo di narrazione civile perché volevamo renderlo un testo con una drammaturgia teatrale. Noi amiamo tantissimo il teatro civile e il teatro di narrazione, era nostro desiderio riuscire a realizzare un testo teatrale. Quindi abbiamo voluto raccontare questa storia chiedendo a Edoardo Erba di realizzare un testo dove non fosse presente né il carnefice, perché aveva già avuto troppa luce dai riflettori, né le vittime, perché quando abbiamo iniziato a lavorare su questo progetto nel 2014, la strage era appena accaduta, erano veramente pochissimi anni. Ancora adesso è recentissima. Però il lutto era ancora molto forte, quindi non ci sentivamo di interpretare i ragazzi.
Allora abbiamo scelto tre coppie di personaggi, quindi sia io che Mattia facciamo tre personaggi a testa. Ogni coppia, all’interno del conflitto che c’è dentro la relazione tra queste tre coppie, vede sviluppare tutto quello che poi succede nella vicenda di questo giorno terribile che è il 22 luglio 2011. Sono una coppia di genitori che ha mandato la figlia sull’isola di Utoya, una coppia di poliziotti che si trova di fronte all’isola di Utoya perché l’isola si trova all’interno di un lago non lontano da Oslo e il posto di polizia è a 500 metri. Infine una coppia di contadini che ha la fattoria a fianco di quella di Breivik.”
Mattia Fabris: “Sono coinvolti da un grado di separazione della vicenda e sono osservatori molto partecipi, perché tutte e tre le coppie hanno delle ragioni che li legano in maniera molto diretta alla vicenda.”
- Intervista video di Andrea Simone
- Si ringraziano Alessandra Paoli e Maurizia Leonelli per la collaborazione