“UTOYA”: VA IN SCENA LA STRAGE DEGLI INNOCENTI

Arriva sul palcoscenico del Teatro Filodrammatici di Milano dal 9 al 14 gennaio uno spettacolo su una delle carneficine più sanguinose della storia. Utoya, scritto da Edoardo Erba e diretto da Serena Sinigaglia, vede protagonisti Arianna Scommegna e Mattia Fabris. L’isola di Utoya era la sede dello storico campeggio dei giovani socialdemocratici norvegesi. Lì, il 22 luglio 2011, Anders Behring Breivik uccise 69 ragazzi, dopo aver eliminato altre otto persone con un’autobomba a Oslo. Lo spettacolo Utoya nasce dall’interesse di Serena Sinigaglia per il saggio Il silenzio sugli innocenti. Un testo che Luca Mariani ha dedicato alle stragi di Oslo e di Utoya. Questo interesse l’ha portata a commissionare un’opera teatrale a Edoardo Erba e a una sua nuova regia. Utoya mette in scena la carneficina compiuta da Breivik sull’isola norvegese, attraverso le testimonianze di tre coppie.

La parola a Mattia Fabris

“In che modo le testimonianze di tre coppie raccontano questa strage?”

“Volevamo fare uno spettacolo di drammaturgia e di azione, ma non di narrazione civile. Quindi abbiamo chiesto all’autore Edoardo Erba di scrivere la storia di tre coppie, interpretate in scena da Arianna Scommegna e da me. Sono tre coppie separate da un grado di separazione dalla vicenda, per cui attraverso il loro sguardo è possibile raccontare sia la vicenda sia il contraccolpo sia le modalità di reazione dentro a diversi modelli umani.

Abbiamo una coppia di genitori la cui figlia si trova in quel momento sull’isola; una coppia di fratelli contadini che vivono nella fattoria di fronte a quella affittata dall’attentatore e che vedono dei movimenti poco chiari; la terza coppia è formata da due poliziotti di stanza sul posto di polizia vicino all’isola, quindi sulla sponda dirimpetto a quella dell’isola. A ogni coppia è affidata una delle tematiche che questa vicenda mette in risalto. La coppia di genitori dipana il tema dell’anelito, dello sviluppo della partecipazione politica e della ricerca di senso e di valori della vita. La coppia di poliziotti dipana il tema dell’obbedienza e della regola. Infine la coppia di contadini il tema della partecipazione civile e della discriminazione.

“Com’è stata resa dal punto di vista scenico tutta la vicenda?”

“La vicenda è ambientata in uno spazio teatrale, la bellissima scenografia di Maria Spazzi, ed è molto semplice. E’ una serie di tronchi posti a forma di griglia ottagonale su un tappeto di specchi frantumati. E’ molto forte l’immagine di questa scenografia, sembra quasi un luogo sacro. Anche i nostri abiti sono molto sobri, non ci sono cambi d’abito in tutto lo spettacolo né di scenografia, quindi è tutto affidato a una qualità molto sobria e pulita di azione e di ambientazione”.

“Perché certe tragedie del nostro tempo si dileguano dai ricordi in maniera molto veloce?”

“Perché questa fu una tragedia molto particolare e probabilmente molto scomoda. La strage di Anders Behring Breivik fu inizialmente catalogata come la strage di un matto, ma in realtà non fu così. Fu una strage politica. Quest’uomo mise una bomba a Oslo e poi si recò a Utoya nel campeggio di un gruppo di giovani laburisti di natura internazionale: c’erano ragazzi dai 14 ai 20 anni provenienti da tutto il mondo. Andò lì vestito da poliziotto e armato di tutto punto. Ricordiamo a tal proposito che in Norvegia la polizia non era armata. Arrivato sull’isola, massacrò uno a uno 69 ragazzi in un’ora e mezza, poi si arrese perché era stanco. La stampa disse subito che si trattava di un attentatore islamico o di un matto/attentatore islamico. In realtà si scoprì che non apparteneva a nessuna di queste due categorie, ma si venne a sapere immediatamente che si trattava di un bianco scandinavo norvegese di 30 anni, per cui era uno di noi. Un oltranzista nazista che voleva colpire i germogli -questi giovani ragazzi- di una possibile società multiculturale.

Questo fatto genera un corto circuito che rende questa vicenda molto difficile da digerire, perché mette in luce la possibilità che il nemico non venga da fuori come ci viene in continuazione suggerito, ma che sia dentro alla nostra società. Secondo noi questo è un tema molto forte. Non bisogna fare dietrologie di alcun tipo, però ci sono ombre poco chiare su questa vicenda. E’ poco verosimile che quest’uomo abbia agito completamente da solo, perché Breivik aveva contatti in tutt’Europa. Ci sono parecchie zone d’ombra legate a questa vicenda che non sono semplici da affrontare. In Italia nessuno citò la parola laburista o socialista nel discorso che venne fatto in Parlamento riguardo a questa strage. Bisogna sforzarci per non riuscirci”. 

“Questo spettacolo vuole essere un omaggio alle vittime di quella strage?”

“Certamente anche. E’ un’orazione funebre, ma non solo. Vuole anche riportare alla memoria un fatto molto importante accaduto in Europa, che è passato sopra una rapida e superficiale rubricazione, ma che oggi come oggi contiene elementi molto importanti per riflettere su ciò che siamo e su ciò che è la nostra società”.