Daniele Vagnozzi e il cast di “Argonauti e Xanax”

Nel poema epico Le Argonautiche, Apollonio Rodio narra di giovani eroi salpati alla ricerca di un tesoro inestimabile. Oggi, però, i giovani Argonauti sembrano non salpare mai, intrappolati dalle mura dell’ansia e dagli attacchi di panico. Come molti di loro, Marco si è rinchiuso in casa e respinge qualunque tentativo di aiuto da parte dei suoi amici…

Argonauti e Xanax è in scena in prima milanese al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 27 febbraio. Scritto e diretto da Daniele Vagnozzi, lo spettacolo vede protagonisti Luigi AquilinoEdoardo BarboneDenise BrambillascaGaia CarmagnaniPietro De NovaEugenio Fea e Ilaria Longo.

Immagini del canale Youtube “Compagnia Caterpillar”

La parola al regista e alla compagnia di attori

Perché Marco si è chiuso in casa?

Daniele Vagnozzi: Perché ha incontrato le mura del panico. Queste mura lo imprigionano e gli impediscono di comunicare con il mondo. Marco era partito per un viaggio ed era alla ricerca del suo vello d’oro che non ha trovato. Tornando a casa, ha invece incontrato l’altra parte: l’oscurità, il buio, che tutt’oggi noi sperimentiamo nella forma dell’ansia e del panico. Si è chiuso in casa perché soffre di agorafobia da attacchi di panico, che è proprio una problematica molto specifica: ci si chiude in casa perché – soffrendo di attacchi di panico – se ci prendono fuori, quando non abbiamo persone che ci possano aiutare, cosa facciamo? Marco si chiude quindi in casa perché è un luogo sicuro. E’ una trincea; sta dentro al suo castello e gli amici cercheranno di valicare quelle mura, di rompere quel mistero e la nebbia che lo avvolge per tirarlo fuori di lì.

Che cosa rappresenta Sara per Marco?

Valentina Sichetti: Sicuramente una compagna. Io credo che quando ci troviamo vicino a qualcuno che capisce quello che stiamo attraversando ci fa sentire sempre meno soli, perché tutto è più grande e ci fa più paura quando siamo soli. Mentre, se qualcuno ci dice di esserci passato e che tutto può passare, se ci facciamo aiutare, magari ci può far sentire più sicuri, come se ci desse una mappa.

Quanto è rimasto del mito di Apollonio Rodio?

Gaia Carmagnani: C’è molto e in scena si sente. Se parliamo dell’oggi, è molto ambientato nella contemporaneità. Parliamo di un gruppo di ragazzi che possiamo essere esattamente noi e di tanti altri coetanei poco più giovani di noi, ma si sente moltissimo il mito. Ne parliamo durante lo spettacolo e ritorna molto nel testo di Daniele. Ci sono proprio dei parallelismi di questa storia – che poi si sgretolacon la relazione di Marco e Cecilia, che all’inizio sono fidanzati con Giasone e Medea, fino a che Cecilia diventa una Medea incazzatissima contro tutto e tutti, così come questi giovani che salpano verso il futuro, pieni di slancio, sogni e desideri esattamente come gli Argonauti alla ricerca di qualcosa.

E’ molto curioso il titolo: “Argonauti e Xanax”. Come lo avete scelto?

Pietro De Nova: Daniele è uno psicologo di formazione professionale. C’è una componente farmacologica importante. Perché gli attacchi di panico? Ci sono delle vie mediche, quindi ovviamente lo Xanax può essere uno strumento per uscire fuori da una situazione di buio totale e in questo caso c’è una scena cardine dello spettacolo in cui compare lo Xanax e sembra che ci sia una prospettiva di salvezza.

Daniele Vagnozzi: La componente psicologica è molto importante per il mio percorso di studio, perché io vengo da studi di psicologia, poi ho incontrato il teatro, quindi è un modo per rimettere insieme le due strade. Siamo stati guidati da molte persone e da molti enti che ci hanno anche segnalato la via giusta di un dialogo corretto riguardo a certe cose a livello farmacologico e psicologico. Abbiamo parlato alle scuole e messo insieme teatro e psicologia. Argonauti e Xanax è tutto questo: non solo uno spettacolo, era fin dall’inizio la nostra volontà di fare qualcosa di più.

  • Intervista video di Andrea Simone
  • Si ringraziano Gaia Carmagnani e Antonietta Magli per la collaborazione
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