“Vecchi tempi”, intervista al cast

Due persone in un calmo e caldo interno borghese. Sono marito e moglie e parlano di una terza persona che verrà a trovarli. Si tratta di un’amica di gioventù della moglie che lei quasi non ricorda, dato il troppo tempo passato. Ma l’amica è già lì, nella stessa loro stanza e quando “tocca a lei” semplicemente entra tra i due rievocando il passato.

Vecchi tempi di Harold Pinter è in scena al Pacta Salone di Milano fino all’8 maggio. Diretto da Claudio Morganti, lo spettacolo è interpretato da Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini ed Annig Raimondi.

Parlano Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini ed Annig Raimondi

E’ una rievocazione dolorosa o gioiosa del passato quella fatta dalla terza persona?

Annig Raimondi: Io interpreto Ann, l’ospite. La coppia è formata da Deeley e Kate.

Maria Eugenia D’Aquino: Io direi che occorre venire a vedere lo spettacolo per capirlo. E’ una rievocazione a volte dolorosa a volte piacevole, ma soprattutto sospesa perché non si sa se i ricordi che affiorano, che sono il tema di tutta l’opera, corrispondano effettivamente a quello che è accaduto o no e non si sa se siano gli stessi per tutti e tre.

Riccardo Magherini: Come nello stile di Pinter, questa memoria è carica di un’ironia gotica molto tagliente, in certi momenti addirittura feroce.

Perché le versioni dei tre sono completamente diverse?

Annig Raimondi: Non lo sono. In certe parti collimano, in altre no e in altre ancora non sono d’accordo sulla stessa cosa ma in altri punti lo sono. E’ come se ci fossero dei piani diversi. Nella drammaturgia sono ovviamente un po’ mischiati presente e passato. Si passa da un tempo in cui le due donne erano amiche al momento presente della visita di Ann, una figura abbastanza sfuggente e misteriosa. Quando cominciano a parlare all’interno della loro casa, lei è già là, ma è come se non ci fosse. Poi rientra, come un’ombra, un fantasma, la materializzazione di qualcosa. Sta allo spettatore capire di cosa si tratta.

Maria Eugenia D’Aquino: E’ curioso perché nell’opera viene citato un film sia da Deeley che da Anna, Il fuggitivo. In realtà, il titolo originale della pellicola come viene riportato da Pinter è The old man out, cioè L’intruso. E’ un film che forse hanno visto Kate e Deeley o Kate e Ann o addirittura tutti e tre insieme. Qui i ricordi si confondono. Ma chi è l’intruso? All’inizio sembra essere Ann che arriva, ma da un certo punto in poi è Kate che sente parlare di lei in terza persona. A turno sono gli esclusi da questo ricordo.

Annig Raimondi: Oppure quando si rievoca la complicità che dovevano avere loro due, Deeley cerca di inserirsi come uno di famiglia, anziché essere considerato un intruso da entrambi.

Riccardo Magherini: Tutto parte dal presupposto che Pinter indica come memoria qualcosa che non è la verità o la realtà ma il ricordo di un fatto che ognuno di noi ricostruisce come memoria personale. Può essere rimessa in piedi e quindi può non essere vera. E’ un ricordo collettivo e non è di per se stesso qualcosa di stampato e sicuro. E’ una ricostruzione, quindi è per quello che sono diversi.

Sono anche differenti gli immaginari dei tre personaggi?

Riccardo Magherini: Sì, anche perché loro cercano di ricostruire questa memoria. Questa specie di reunion che avviene nella loro casa è una sorta di tentativo da parte di tutti e tre di arrivare al punto di ricostruire quello che era veramente accaduto. Ognuno di conseguenza crea il calcolo, l’immaginario e il proprio punto di vista.

Annig Raimondi: Anche perché ciascuno ha un obiettivo diverso nel ricostruire la memoria: vuole avere la reazione di un certo tipo da parte degli altri secondo il suo piano e la sua strategia. E’ un po’ un giallo. Non ci sono soluzioni. L’interpretazione è affidata al pubblico.

Maria Eugenia D’Aquino: Questo è un punto su cui ha lavorato molto il regista Claudio Morganti, sulla possibilità di lasciare aperte tutte le domande possibili. E’ chiaro che ognuno di noi prende una strada come personaggio e come relazione, ma è ambigua. Non c’è una risposta e la regia ha tenuto molto a mettere in risalto quest’aspetto, che è l’anima di Pinter e dei suoi testi.

Annig Raimondi: C’è anche un riferimento sotterraneo al fatto che qualcuno è probabilmente un fantasma e lo teniamo per noi come lavoro interno. Bisogna credere ai fantasmi o alla materializzazione di qualcosa al di fuori di noi?

E’ un fatto naturale la distorsione dei fatti o è una strategia voluta che nasconde qualcosa?

Riccardo Magherini: Entrambe le cose. E’ un fatto naturale ma è anche qualcosa che viene messo in campo dai tre individui per cercare la reazione e da lì bisogna capire se la propria strategia porta a una risposta sufficiente o esaustiva per se stessi.

  • Intervista di Andrea Simone
  • Foto di scena di Emma Terenzio
  • Si ringrazia Giulia Colombo per la collaborazione
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