Pacta dei Teatri si congeda dal suo pubblico per questa stagione con lo spettacolo Venere & Adone Shakespeare e musica, in scena al Pacta Salone fino al 21 giugno.
Venere, involontariamente ferita da Cupido, figlio prediletto, si innamora di un ragazzo, Adone, e tenterà di sedurlo invano.
Musica da camera
Uno spettacolo che si potrebbe definire “da camera”, con tre persone in scena: due musicisti polistrumentisti e un affabulatore tuttofare che dà vita e voce a due pupifeticci, bellissimi e inquietanti al tempo stesso. L’adattamento e la regia sono di Riccardo Magherini, protagonista anche in scena con Nicola Maria Lanni (autore delle musiche dal vivo) e Gabriele Palimento.
Il cast in scena
Parla Riccardo Magherini
“Come si è trovato Riccardo Magherini nel ruolo di questo affabulatore tuttofare?”
“Direi che mi sono trovato a mio agio come un pesce nel proprio mare, perché naturalmente è proprio la posizione più bella per un attore, dato che è libero di esprimere tutto quello che gli viene in mente. Ovviamente è un grande esercizio, perché Shakespeare non concede tanto spazio alla propria improvvisazione. Inoltre, con la lingua di Roberto Sanesi, il traduttore delle opere poetiche di Shakespeare, è necessaria la capacità di essere quasi come dei cantanti e dei cantastorie della nostra tradizione siciliana. Però mi sono trovato molto bene e sono felice di avere fatto quest’esperienza.”
“Siamo in bilico tra il classicismo della letteratura shakespeariana e quello del mito?”
“Assolutamente sì. Il primo a raccontare questa storia è stato Ovidio, e poi chissà quanti altri! A un certo punto è arrivato Shakespeare, che l’ha raccontata in un modo tutto suo in un’occasione molto strana, perché tutto è nato durante la peste di Londra, quando Shakespeare non poteva lavorare perché era proibito fare assemblamenti. Soprattutto ha scritto quest’opera componendola in black verses, con delle regole ben precise, che erano quelle della narrazione e delle storie un po’ erotiche, che andavano molto di moda nei salotti molto alti e nobili. Tutto questo serviva a Shakespeare per guadagnare la patente di poeta, perché a quei tempi essere soltanto un commediante poteva essere molto pericoloso. Fece queste due opere solo per fare la sua dimostrazione di stile e scrisse questa meraviglia che ha tantissima musicalità e teatralità. Shakespeare poteva di sicuro fuggire dalla peste, ma certamente non poteva scappare da se stesso.”
“Questa messa in scena trae spunto dalla tradizione del cunto siciliano, lontana solo all’apparenza dall’opera di Shakespeare. Vuoi spiegare ai nostri lettori di cosa si tratta?”
“Sicuramente il cunto ha la stessa prerogativa delle opere teatrali di Shakespeare, quella cioè di non essere un modo di raccontare come noi intendiamo internamente, con il re che viene raffigurato nella sua realtà e il pubblico che ci crede con tutta una serie di adesioni. Il cunto siciliano, così come Shakespeare, si esprimeva attraverso immagini e metafore molto forti, e che per Shakespeare all’epoca servivano quasi come il cinema. Per il cunto siciliano serve proprio per far veicolare il grande sentimento della tragedia greca, che è nel sangue dei siciliani, attraverso la storia delle grandi tradizioni.
Questo ha un connubio con l’opera di Shakespeare. In più, in relazione a questo lavoro che facciamo con i musicisti dal vivo, questo spettacolo è legato moltissimo alla musicalità. Vale a dire che esattamente come il cunto siciliano ha un suo modo, un suo stile e un suo ritmo per essere raccontato, così anche i black verses di Shakespeare erano esattamente come gli stornellatori toscani che parlavano e raccontavano le loro liriche presentandole al pubblico.”
“Che valore aggiunto dà la musica allo spettacolo?”
“Superlativo! Posso e voglio considerare questa piccola operazione come un’operetta musicale. E’ una composizione musicale dall’inizio alla fine. La musica è stata composta insieme alla parola che deve camminare insieme alla musica. Siamo nella stessa categoria di Pierino e il lupo.”
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Giulia Colombo per il supporto professionale
La traduzione del testo è di Roberto Sanesi. Le voci registrate sono di Maria Eugenia d’Aquino, Vladimir Todisco Grande, Francesca Lolli e Suso Colorni.