Viva l’Italia – Le morti di Fausto e Iaio torna in scena alla Sala Fassbinder del Teatro Elfo Puccini dal 22 febbraio al 18 marzo con la regia di Cesar Brie. La scelta delle date non è casuale: nel 2018 ricorre infatti il quarantennale dell’uccisione di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, avvenuta al quartiere Casoretto di Milano il 18 marzo 1978, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro. L’ennesimo episodio di un decennio del terrore, quello degli anni di piombo, iniziato con la strage di Piazza Fontana il 12 dicembre 1969 e conclusosi con quella della stazione di Bologna il 2 agosto 1980.
Scritta da Roberto Scarpetti, la pièce racconta la tragedia di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, all’epoca diciottenni. Erano due ragazzi che frequentavano il Centro sociale Leoncavallo di Milano. A freddarli furono otto colpi di pistola sparati da estremisti di destra. Il movente del duplice omicidio è da ricercare nel fatto che i due giovani stavano conducendo approfondite indagini con interviste sul campo – registrate meticolosamente su nastri trafugati misteriosamente dopo la loro morte – sul traffico di eroina e cocaina nel quartiere milanese Casoretto e nelle vicine zone di Lambrate e Città Studi. Un traffico gestito da potenti ambienti della malavita organizzata e dell’estrema destra milanese. Gli indiziati e presunti responsabili del delitto erano Massimo Carminati, associato alla Banda della Magliana, Claudio Bracci e Mario Corsi, ma anche Giusva Fioravanti e Guido Zappavigna.
In scena troviamo Andrea Bettaglio, Massimiliano Donati, Federico Manfredi, Alice Redini e Umberto Terruso.
La parola a Cesar Brie
“E’ giusto definire l’omicidio di Fausto e Iaio una delle pagine più nere della cronaca italiana?”
“Sarebbe ancora più corretto definirla nerissima. E’ stato l’omicidio di due agnelli innocenti commesso da una banda i cui obiettivi non sono mai stati chiari: forse una vendetta trasversale per i fatti di Acca Larentia da un lato (l’assassinio di due giovani attivisti del Fronte della Gioventù a Roma il 7 gennaio 1978; n.d.r) ; forse, dall’altro, si voleva alimentare ulteriormente la strategia della tensione in un momento molto delicato. Dal punto di vista politico, l’omicidio di Aldo Moro, rapito due giorni prima dell’uccisione di Fausto e Iaio, è stato il momento più critico di quel decennio per quello che ha provocato e per tutte le sue ambiguità. Quella dei due ragazzi, però, è proprio l’uccisione gratuita di due innocenti”.
“Lo spettacolo ha l’obiettivo di non far dimenticare questa tragedia e di smuovere coscienze e dibattiti in Italia?”
“Credo che l’obiettivo sia ricordarli. Secondo me è inutile che parliamo di memoria quando dimentichiamo la precisione dei fatti. Ritengo che il lavoro e il testo di Scarpetti – e anche il montaggio che abbiamo cercato di fare – abbiano in qualche modo reso giustizia ai fatti e a come si sono svolti. Questo era doversoso. Poi è altrettanto doveroso riflettere su quegli atti. Tutti noi abbiamo partecipato in qualche modo a quegli anni. Non abbiamo fatto una riflessione comune e collettiva, non c’è stato un grande dibattito. Il caso di Fausto e Iaio è uno degli emblemi di quanto sia stata ambigua questa situazione. Acanto a quello che poteva essere il terrorismo, infatti, c’è un immenso movimento giovanile che non si riconosceva nei partiti tradizionali. Non era violento, ma veniva ritenuto a torto complice di qualcosa che poi diventò il terrorismo. Con questi aspetti nessuno ha mai fatto i conti”.
“Può essere legittimo il timore di un ritorno al clima arroventato degli anni ’70?”
“Non credo. Si sta andando verso una catastrofe diversa. Non c’è una lotta di speranze, non c’è una rinascita del pensiero, non c’è un progetto di vita diverso. C’è una reazione furibonda e giusta a uno status quo e a dei governanti. In Italia domina una casta. C’è una logica europea, a mio avviso, che non tiene conto dei cittadini, ma delle finanze. Si stanno perdendo tante conquiste sociali, quindi c’è una grande disperazione, mentre negli anni ’70 c’era una reazione a un clima arroventato, ma anche una progettualità. Pullulavano le idee di tanti giovani che volevano cambiare le cose. Oggi mi sembra che la disperazione sia più forte di prima”.
“Quale altro fatto di cronaca le piacerebbe portare in scena?”
“Se io avessi la possibilità e il tempo, per quanto riguarda l’Italia, vorrei portare in scena la strage di Capaci , tutta la connivenza tra mafia e Stato e l’eroismo di Giovanni Falcone e Giuseppe Borsellino. Mi sembrano due avvenimenti sui quali c’è stato tanto depistaggio e su cui ci sarebbe ancora molto da indagare”.