Il grande classico di Luigi Pirandello è in scena al Teatro Menotti di Milano fino al 29 gennaio. E’ la storia di Vitangelo Moscarda. La sua personalità cambia a seconda della percezioni distorte di se stesso e e dei personaggi che gli stanno intorno. Una vicenda che si snoda in una carrellata continua di inganni e situazioni comiche che mettono in risalto i difetti dell’uomo, sempre in bilico tra realtà e apparenza, enigmi, equivoci e frammentazioni della vita.
In scena troviamo Pippo Pattavina, Marianella Bargilli, Rosario Minardi, Giampaolo Romania e Mario Opinato diretti da Antonello Capodici.
La parola a Marianella Bargilli
Tu interpreti tre ruoli: Dida, la moglie di Vitangelo Moscarda, Anna Rosa, la sua quasi amante e Diamante. Quale dei tre è di più nelle tue corde?“
Tutti noi interpretiamo diversi personaggi: Diamante è quella camuffata, ma Dida e Anna Rosa sono due figure centrali completamente diverse, sia dal punto di vista fisico che per il loro pensiero: Dida è una donna dura, algida e bella, una bambolona con la parrucca che parla scandendo le parole. Anna Rosa è un personaggio pirandelliano faticoso da interpretare, perché sembra sempre che segua una sola direzione ma non è così. E’ lo specchio di Vitangelo, che dice una verità fastidiosa. E’ considerata completamente sconclusionata ed è molto divertente interpretarla perché è jazz puro e ogni sera mi viene diversa. Io ho un’adorazione per tutti i personaggi diversi da me.
Dicono ancora oggi che “Uno nessuno centomila” sia il testo più amaro di Pirandello, ma anche il più umoristico. Questo aspetto della verità scomoda c’entra in qualche modo?
Sì. L’ascolto di questo spettacolo è incredibile, proprio perché il ragionamento di Pirandello arriva alla conclusione dei suoi grandi testi: Enrico IV, Il gioco delle parti, L’uomo, la bestia e la virtù. Uno, nessuno e centomila è molto esplicito nel ragionamento, vero, moderno e contemporaneo perché ci sono anche tematiche freudiane: si parla dello spezzettamento dell’io e di quello che percepiamo delle persone. Il pubblico si emoziona, si interroga e la messinscena è più semplice rispetto al racconto. C’è un movimento molto forte di personaggi alle spalle di Vitangelo che rende tutto più leggero, anche per noi che ogni sera recitiamo. Non a caso Pirandello era un genio del testo e del sottotesto. Infatti è stato acclamato in tutto il mondo.
La forza di “Uno, nessuno e centomila” è quella di mettere in evidenza gli aspetti più comici dei personaggi nei loro comportamenti gretti e nei lati più banali e grotteschi della vita?
Anche, ma soprattutto grotteschi. Hai usato la parola giusta, perché quando si è ridicoli si è anche un po’ grotteschi: Vitangelo ha il naso che gli pende verso destra e le sopracciglia simili a un accento circonflesso. C’è un disegno di noi che ci guardiamo allo specchio ma non lo facciamo per davvero. Ci immortaliamo e pensiamo di essere vivi, ma è come farci delle fotografie. Siamo bloccati in una suggestione che parla in realtà del duplicarsi della nostra immagine, del pensiero e delle nostre grandissime fragilità. Eduardo De Filippo faceva la stessa cosa. Infatti assomiglia molto a Pirandello, perché entrambi mettono in campo le fragilità umane e se ne fanno beffa durante lo spettacolo in maniera sana.
Quindi possiamo definire “Uno nessuno e centomila” il testamento letterario di Pirandello?“
Assolutamente sì. E’ il sunto finale del suo ragionamento, dove mette insieme tutto quello che ha scritto sugli esseri umani.
- si ringrazia Linda Ansalone
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