Due città, Roma e Alba sono in guerra tra loro. Per evitare la carneficina di una battaglia tra eserciti, scelgono i propri rappresentanti affinché si affrontino in un duello mortale, alla fine del quale l’Orazio uccide il Curiazio e Roma sottomette la città rivale. Il dramma però non è solo quello di un conflitto bellico…
Il grande drammaturgo Heiner Müller ci restituisce in modo lucido e appassionato la tragedia che ogni società si trova ad affrontare nel tentativo di affermare la Verità.
Lo spettacolo, in scena al Pacta Salone di Milano fino al 29 gennaio, è prodotto da Teatro Alkaest e Pacta dei Teatri. La pièce è diretta da Giovanni Battista Storti, che ne è anche protagonista con Gilberto Colla e Lorena Nocera. La traduzione è di Saverio Vertone e Giovanni Missiroli. Le musiche sono eseguite dal vivo da Thomas Umbraca al piano elettrico, definito anche dal regista un quarto attore. Lo spazio scenico è formato da un’installazione mobile di Marcello Chiarenza, composta da 30 rami di nocciolo. Il designer delle luci, è Fulvio Michelazzi.
Intervista a Giovanni Battista Storti
Nelle note di regia hai detto che in scena c’è un vero e proprio processo che ci rende partecipi di un rito civile chiamato teatro. Partiamo da qui e dal dramma di un’intera collettività?
L’Orazio, dopo aver vinto in nome di Roma e dopo averla liberata da un possibile asservimento ad Alba, uccide la propria sorella, fidanzata con il Curiazio. E’ dunque l’eroe che ha salvato i propri concittadini sconfiggendo il Curiazio. Immediatamente dopo, però, diventa l’assassino della sorella. La ritiene infatti traditrice perché piange il nemico morto. Da questa leggenda scaturisce il dilemma: per la comunità Orazio è un salvatore o un assassino che ha ucciso senza una ragione la persona più vicina a lui?
E’ quindi il tentativo di affermazione della verità o la verità stessa a portare alla tragedia?
La tragedia nasce nel momento in cui il popolo si riunisce in assemblea per stabilire la verità e scopre che la sua duplicità contiene una contraddizione insanabile: l’Orazio è due cose diverse allo stesso tempo. La capacità di esprimere non è in grado di spiegare la duplicità in una parola sola. Non siamo infatti capaci di dire “vincitore assassino” con un solo termine.
Dunque Orazio si sente messo alla berlina da un popolo che non accetta compromessi?
In un certo senso sì. Questa è una riflessione che mi susciti tu ma che nel dramma non trova tanto spazio. In virtù del fatto di essere diventato l’eroe, l’Orazio pensa di poter stabilire la legge. Ritiene che l’omicidio della sorella sia giustificato dal fatto di essere l’eroe salvatore. E’ quindi più un dramma del popolo che vede la difficoltà di affermare una verità univoca. Difatti Heiner Müller usa l’espressione “verità impura”.
Passiamo alla messinscena: quanto è più sinergica per il cast e per il pubblico la presenza in scena di un regista rispetto a quella di chi dirige gli attori dietro le quinte?
In questo caso è sinergica è addirittura utile. Questo è un testo che ho amato tantissimo. L’ho letto trent’anni fa e mi è sembrato che oggi potesse avere degli agganci molto interessanti con l’attualità sui dibattiti televisivi, la guerra, la pandemia e le voci che spesso non hanno alcun fondamento, ma sono semplicemente la libera espressione del pensiero senza alcun rispetto per la correttezza. Farlo come attore mi permette di dare una linea interpretativa e fonetica e di fare un po’, passami il termine, da capocoro.
- Si ringraziano Giulia Colombo e Lorena Nocera
- Foto di Flavio Bruno
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