Rosso è un povero ragazzo non amato da nessuno, nemmeno dalla madre. E che non sa amare nemmeno l’unico amico: Ranocchio. Lavora nella cava dove ha visto morire il padre. Il tesoro di affetti della sua anima, l’amore per il padre morto, la sua ruvida e scontrosa carità alimentano le sue ribellioni e l’apparente crudeltà. Anche lui “vinto” dalla sorte e dalla vita cerca un riscatto, una via d’uscita al suo inevitabile finale. E sfida il destino in quella cava dove aveva già perso il padre. Una storia di una giovane vita nei campi di Sicilia di fine Ottocento, nata dalla penna di Giovanni Verga e drammatizzata con una scena iperrealista.
Nella cava Rosso Malpelo è in scena al Pacta Salone di Milano fino all’11 novembre ed è adattato e interpretato da Pietro Cucuzza e Salvo Valentino (anche regista).
La parola a Salvo Valentino
“Perché Rosso non sa amare?”
“Perché è figlio di una terra amara, di un destino crudele, di una mamma che non riesce ad amarlo, di adulti che non hanno rispetto della sua fragilità e della sua essenza. E’ il simbolo di un’umanità vinta a cui viene indurito il cuore.”
“Che tipo di lavoro avete fatto sulla novella di Verga?”
“Un lavoro molto lungo e molto attento. La novella è stata assolutamente rispettata, quindi non è stata traviata né violentata. Però la messa in scena ha dei margini molto forti di rielaborazione. Noi comunque recitiamo la novella.”
“Quale tipo di riscatto cerca Rosso?”
“Un riscatto umano e di dignità. Un alzare la testa rispetto a un mondo che sembra non accettare chi è diverso, che vive ai margini della società.”
“Perché nelle note di regia parli di ricerca teatrale sul doppio?”
“Perché Pietro Cucuzza ed io da un po’ di tempo a questa parte stiamo approfondendo questo tema. E’ un tema molto affascinante, che ha tantissime valenze e potenzialità e ci piace riportarlo sul nostro discorso teatrale.”
(intervista e riprese video di Andrea Simone)