ALBERTO ASTORRI E PAOLA TINTINELLI, “RACCAPRICCIO. UN ANNO DOPO”

Una storia di pennuti, interpretata da due attori, due tragiche morti, un misterioso uovo a cui credere, la speranza di essere salvati da un nuovo messia. Si aspetta, si prega, ci si demolisce in una sorta di rito pubblico dentro questa commedia dai toni sinistri. Sono flussi di coscienza o deliri di allucinazioni? E alla fine cosa ci aspetta? Una verità segreta da rivelare o una grande balla colossale?

L’intervista video ad Alberto Astorri e Paola Tintinelli

Raccapriccio – Un anno dopo è in scena al Teatro della Contraddizione di Milano fino al 10 ottobre. Lo spettacolo è scritto, diretto e interpretato da Alberto Astorri e Paola Tintinelli.

Il promo dello spettacolo (immagini del canale Youtube “Astorri Tintinelli”)

La parola ad Alberto Astorri e Paola Tintinelli

Perché questo vostro lavoro è ispirato e dedicato a Charles Baudelaire?

Alberto Astorri: Perché è stato un grandissimo poeta e noi abbiamo voluto fare questo omaggio. Abbiamo pensato a lui perché questo spettacolo è stato l’anno scorso alla Biennale Teatro e quando Antonio Latella ci ha chiesto di pensare a un lavoro sulla censura, ci è venuto in mente che I fiori del male è stata un’opera censurata. Baudelaire ha subito un processo ed è stato condannato. L’edizione ha dovuto togliere sette poesie perché erano considerate velenose e pericolose. Quindi ci sembrava un buon motivo per fare uno spettacolo sulla censura.

Perché si può definire questo spettacolo una favola crudele?

Paola Tintinelli: Perché va molto nel nero, in una profondità un po’ oscura e parla molto della fine. In qualunque modo la fine viene sempre spostata e qua è presente. Quindi rimane crudele soprattutto per questo.

Che cosa vuole esprimere veramente “Raccapriccio”?

Alberto Astorri: Lo dico, è un po’ pericoloso per lo spettatore quello che sto dicendo. Però, in sintesi, la rottura di un uovo, nel senso che uccidiamo la speranza.

E’ il tema della censura il vero protagonista?

Paola Tintinelli: Questo è stato richiesto dalla Biennale di Venezia. Per cui siamo partiti da lì. Poi abbiamo girato intorno a questo tema, dove spesso ci si autocensura. La censura maggiore è quella che si fa su di noi. Forse non è l’unico tema, però di fatto censuriamo la speranza.

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  • Intervista video di Andrea Simone
  • Foto in evidenza fornita dalla compagnia Astorri Tintinelli
  • Si ringrazia Antonietta Magli per la collaborazione