Taxi a due piazze è una commedia di Ray Cooney che ha debuttato nel 1984 e che ha avuto un grandissimo successo in tutto il mondo. E’ la vicenda tragicomica, divertente e surreale di un tassista bigamo che deve tenere nascosto il suo segreto prima che sia troppo tardi. Fino a oggi però non c’era mai stata un’inversione di ruolo e così arriva in Italia per la prima volta una versione tutta al femminile. Ecco quindi che il tassista diventa una tassista, che per mantenere il segreto della sua bigamia deve barcamenarsi a Roma tra due consorti, aiutata solo da un’amica a conoscenza della sua doppia vita.
Lo spettacolo è in scena in esclusiva mondiale al Teatro Nazionale di Milano. Ne sono protagonisti Barbara D’Urso, Franco Oppini, Rosalia Porcaro e Giancarlo Gambi. La regia è di Chiara Noschese, mentre l’adattamento italiano è firmato da Gianluca Ramazzotti.
La parola a Franco Oppini
Partiamo dall’aspetto principale della commedia. Non è esagerato definirla “in quota rosa”, giusto?
(ride) E’ un termine perfetto per la commedia, anche perché essendo la prima volta mondiale in cui la protagonista è una donna, diciamo che c’è una specie di rivincita delle donne nella possibilità di avere un rapporto bigamo. Soprattutto quando la commedia è stata scritta, era impensabile che una donna potesse avere due mariti, due case e due situazioni. Quindi è una quota rosa giustamente e politicamente corretta.
Che ruolo ha nello spettacolo?
Io sono uno dei due mariti, sono quello più anziano e molto fricchettone, uno che inonda la casa di incensi e che pratica delle preghiere. Ha un carattere da tenere a freno, quindi pratica queste cose per stare tranquillo, poi ogni tanto sbotta. La caratteristica principale del marito è che è un “mammo” nei confronti della moglie Giulia, interpretata da Barbara D’Urso, che la cura, che le dà le pilloline, la chiama “coccolina”, “cicciolina”, “trottolina amorosa”. In confronto all’altro marito, che è invece un macho più giovane, aitante, tutto sturm und drang e passione, io sono invece quello più affettuoso e che soprattutto la coccola.
Che impostazione e quali direttive ha dato a lei e al cast la regista Chiara Noschese?
Io non avevo mai lavorato con lei ed è una regista straordinaria a cui non scappa nulla, ha un’attenzione millimetrica e particolareggiatamente precisa. Soprattutto imposta il personaggio in questa veste, perché il mio personaggio non era così sulla carta, quindi gli ha dato una valenza in più per darle una coloritura di questo genere. Lei è attentissima a tutte le cose e cura tutti i particolari, segue gli attori con una certa fermezza. Io adoro un regista che sappia dare fermezza e sicurezza e che dà direttive abbastanza precise entro le quali però lascia che gli attori diano spazio al loro estro. Quindi mi sono trovato in una maniera stupenda con lei.
Parliamo del testo: che tipo di lavoro ha fatto Gianluca Ramazzotti rispetto all’originale di Ray Cooney?
Gianluca Ramazzotti ha fatto un lavoro che poi è stato continuato dalla stessa Chiara Noschese. E’un testo di trent’anni fa che giocava molto sull’ambiguità sessuale e sui gay, con stereotipi che ormai sono da prendere con le pinze, perché non è giusto offendere nessuna categoria. Ognuno fa l’amore come vuole e siamo tutti perfettamente liberi di vivere la nostra sessualità e questo è giusto al giorno d’oggi. Sia Gianluca Ramazzotti che Chiara Noschese hanno cercato di evitare di calcare la mano sui personaggi ambigui. Per esempio, c’è il personaggio gay nell’originale che più che gay è un’étoile, è una ballerina fallita anche perché è molto grosso, è una cantante mezza fallita, e poi come immagine e modo di parlare è molto Cristiano Malgioglio.
A Malgioglio non si può quasi più dare una connotazione sessuale, è un’immagine, è ormai un’icona. Per cui hanno cercato entrambi di smussare e stemperare queste forzature. Infatti io dico una volta sola nella commedia la parola “lesbica”, proprio perché io sono incazzato e dico che è una lesbica praticante. La dico da maschio incazzato e offeso, altrimenti Barbara definisce il rapporto lesbico come quello tra “farfalle”. Per cui in questo senso la commedia è stata molto rimodernata ed è molto attenta alle giuste esigenze dei tempi.
- Intervista di Andrea Simone
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- Si ringrazia Lia Chirici