“PENTHY SUR LA BANDE”: IL MITO SI FA STORIA

Nell’ambito del progetto europeo Fabulamundi, debutta a Teatro i, dopo il successo di una prima lettura scenica durante la stagione 2017-18, Penthy sur la bande, della giovane e promettente autrice e drammaturga francesce Magali Mougel. In scena un’attrice, Viola Graziosi, la cui voce si fa coro grazie alla speciale tecnica dell’olofonia. La regia di Renzo Martinelli mette in scena una nuova Pentesilea, una marionetta sonora che rivive incessantemente lo stesso dramma e ripete inesorabilmente la stessa azione. Lo spettacolo è in scena dall’8 al 18 febbraio.

Intervista a Viola Graziosi

“In che modo Penthy gioca sul filo del suono e della parola?”

“Questa Pentesilea si ispira a un dramma dell’Ottocento definito irrappresentabile. Oggi la Mougel fa una riscrittura di questo dramma post drammatico. Nella storia il dramma è già avvenuto, non c’è azione drammatica. Però c’è un ritorno costante di memoria, di suoni e di impressioni. Tutti i sensi sono stimolati da questo ritorno costante del dramma avvenuto. Potremmo quasi definirlo un sequel della “Pentesilea”. Che cos’è adesso questa Penthy? E’ una marionetta o è una donna che ha perso la ragione? Per rispondere più precisamente alla tua domanda qusto filo è quello dei ricordi, della memoria, della ragione, della sensazione, dei rumori, delle parole che le ritornano nella testa e che fanno rivivere attraverso la parola quello che è stato il dramma, come se non riuscisse più a uscire da quel meccanismo, quasi come se fosse un orologio o un meccanismo che continua a incepparsi su quest’azione molto forte e molto simbolica.”

“In che cosa Penthy somiglia a Pentesilea?”

“Nel fatto che la sua ragione non ha possibilità di agire. C’è un’opposizione tra natura e cultura intesa come quello che possiamo apprendere e mettere in pratica come regole di comportamenti o regole nella società, mentre Pentesilea rivendica la fedeltà alla propria natura. Quindi ha l’istinto che l’ha fatta agire in un certo modo e lei continua a dire che rifarebbe quello che ha fatto. Non ha assolutamente alcun tipo di giudizio morale o etico. E’ una marionetta per questa sorta di filo che l’ha portata a fare una cosa oppure possiamo vederla anche come una persona che ha perso la ragione, come una matta che vive di ricordi e dell’ossessione di quello che è avvenuto? A ciascuno la scelta di capire che cosa riesce a contenere e che cosa è più utile come esperienza: pensare che è una matta o pensare che c’è qualcosa che riguarda tutti noi?”

“In che modo il testo ci presenta il mito?”

“Lo presenta come un punto di riferimento e non un’azione. E’ qualcosa che è già avvenuto, che è lontano, che non ha niente di realistico, perché non è un fatto cronachistico. Il mito pone un’azione e un personaggio in modo simbolico e metaforico per portarci a guardare qualcosa per eccesso. E’ un paradosso, non parliamo di qualcosa di realistico. Questo testo lo guarda così e lo prova a rianalizzare sempre attraverso qualcosa che non è realistico, ovvero la poesia e la parola teatrale.”

“Che cos’è l’olofonia?”

“L’olofonia è una tecnica molto interessante che permette una registrazione molto simile a quello che l’orecchio umano sente. E’composta da due microfoni che permettono di registrare e di mandare il suono olofonico riproducendo le due orecchie umane. Riproduce il suono in modo identico a quello reale nello spazio in 3D e nel tempo. Questo vuol dire che ci permette di giocare con cose registrate e cose live, di giocare con una prossimità dello spettatore molto particolare. Gli spettatori sono in cuffia e quello che ascoltano non è molto distante, avviene sul palco, ma è come se avvenisse nel loro orecchio. La spazialità in 3D significa che se io mi metto a sussurrare è come se lo facessi dentro a un orecchio e se mi muovo da una parte all’altra, il pubblico sente che mi muovo dietro la sua testa dall’altro orecchio. Questo permette di lavorare come in una sorta di interno mente e interno testa. L’immaginazione del pubblico viene così stimolata, perché essendoci la parola che compone l’azione, sarà sempre più forte quello che ciascuno di noi potrà immaginare rispetto a quello che il teatro permette di vedere. Non siamo al cinema, quindi non si tratta di riprodurre in modo realistico. Questo insinuarsi nell’orecchio permette a tutti di fare quest’esperienza insieme.”

  • Intervista di Andrea Simone
  • Si ringrazia Ippolita Aprile per la gentile collaborazione