A quasi cento anni di distanza, Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello è ancora l’opera che meglio indaga il nostro rapporto tra vita e arte, reale e virtuale. Tra incursioni meta teatrali, prove aperte e nuovi ospiti ogni sera, l’opera di Pirandello è l’occasione per confrontarsi con la grande domanda: che cosa rimane dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale?
Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello è in scena al Teatro Fontana di Milano fino al 27 marzo con la drammaturgia di Francesco M. Asselta e la regia di Michele Sinisi, che ne è anche protagonista con Stefano Braschi, Marco Cacciola, Gianni D’addario, Giulia Eugeni, Marisa Grimaldo, Rosario Lisma, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Donato Paternoster e Adele Tirante.
La parola a Michele Sinisi
Perché il pubblico contestò così tanto questo testo quando uscì?
Il pubblico si ritrova in teatro a fare anche un’esperienza, non solo a vedere uno spettacolo. Si rispecchiava per la prima volta in una consapevolezza dell’essere umano che in quel periodo storico del Novecento si faceva strada: la destrutturazione della personalità e dell’io teorizzata da Sigmund Freud e la relatività di Albert Einstein. Fu quindi interpretata come un segno attraverso l’entrata di sei personaggi dalle spalle dello spettatore, che rompeva quel punto di vista monolitico.
Perché questa è l’opera che meglio indaga il rapporto tra vita e arte?
Perché in questo momento il teatro non è più spettacolo né intrattenimento: diventa rito collettivo e una società si ritrova fino in fondo nella storia narrata attraverso il linguaggio del teatro. Il rispecchiamento è dunque talmente lucido e profondo che l’atto creativo coincide con la vita stessa, non c’è più soluzione di continuità.
Perché nel titolo avete incluso il nome dell’autore?
Il nome dell’autore Luigi Pirandello fa parte del titolo perché io faccio ogni sera la regia dei sei personaggi. Abbiamo quindi aggiunto un’ulteriore rifrazione di quell’immagine, di quel senso e di quel concetto rifratto già per la prima volta e destrutturato agli inizi del Novecento da Pirandello, aggiungendone un altro che ci piace pensare come uno specchio davanti a uno specchio. Non si capisce più quale situazione e quale elemento genera l’altro, dove sta la realtà e dove la vera finzione, quella che accade in platea davanti al pubblico.
Che cosa s’intende quando si dice che questo è uno spettacolo “matrioska”?
E’ uno svelamento continuo di piani che si pensavano finiti. In realtà poi ogni situazione sorprende il pubblico nella misura in cui fa scoprire un altro piano.
- Intervista di Andrea Simone
- Si ringrazia Martina Parenti per la collaborazione
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