SE RICCARDO III NON VUOLE UN CAVALLO MA UN VIDEOGAME

E’ un Riccardo III completamente diverso per la sua modernità quello che arriva al Teatro Litta di Milano. Nell’allestimento diretto da Corrado d’Elia, in scena dal 20 febbraio al 4 marzo, il re si muove sullo scenario di un videogame, vivendo un’esperienza sospesa tra incubo e realtà, fatta di luci psichedeliche e geometrie pulsanti, che immergono il pubblico in una realtà contemporanea, asettica e distante. Riccardo III è un corpo privo di voce: dirige, ordisce trame, seduce e uccide. Sale di livello in livello, in un crescendo pericoloso e avvincente, per arrivare a un tragico game over finale.

Presente anche in scena come protagonista, il regista dirige un affiatato pool di attori composto da Andrea Bonati, Raffaella Boscolo, Marco Brambilla, Giovanni Carretti, Paolo Cosenza, Gianni Quillico, Chiara Salvucci e Antonio Valentino.

Quattro domande a Corrado d’Elia

“Perché questa volta Riccardo III non vuole un cavallo per il suo regno ma un videogame?”

“Nell’epoca dei bitcoin mi viene da pensare che desideri qualcosa di più monetario e virtuale! (ride) Con questo allestimento vogliamo avvicinare ancora una volta noi stessi alla contemporaneità e la gente al teatro. E’ un allestimento veloce e molto colorato, con musiche estremamente forti, dove ancora una volta l’impatto visivo e d’immagine va di pari passo con la drammaturgia”.

“Quanto è distruttiva e autodistruttiva la figura di Riccardo III?”

“Riccardo III è il male assoluto. E’ colui che trasforma la propria deformità fisica in deformità mentale, d’azione e di desiderio. E’ un uomo che in tempo di pace, non potendo appunto scatenare un conflitto bellico, conduce una propria guerra privata contro le persone che lo circondano, per ambizione e con il desiderio di arrivare ad essere re e governare per sempre. Non è poi così lontano dai grandi dittatori che ancora oggi comandano sulla Terra in tanti Paesi”.

“E’ un uomo completamente privo di senso del limite?”

“Come tutti i grandi uomini. Tutti i geni, tutti quelli che non sono uguali agli altri sono così.  E’ un uomo fuori dal comune, ma purtroppo, in questo caso lo è in senso negativo”.

“E’ forse la prima volta che in teatro si uniscono così sapientemente genio, male, sogno e gioco. Giusto?

“E’ esattamente così: genio, male, sogno, ambizione, ma anche gioco. I grandi drammaturghi e i grandi scrittori ci insegnano che il male più grande è inutile. Non c’è un motivo per cui qualcuno lo commette. Il male fine a se stesso è la cosa peggiore in assoluto. La questione del videogioco per noi rappresenta qualcosa di più profondo di un gioco teatrale. L’uomo davvero crudele è quello che sta alle spalle, che non si fa riconoscere. Oggi il male vero è qualcosa che si posiziona dietro la nostra vita e che la invade, la intercetta e la comanda, senza però farsi vedere.

Tutti ci aspettiamo la deformità di Riccardo III, ma oggi, com’è gia successo con le streghe di Macbeth, non ci impaurisce vedere quattro donne anziane dietro un pentolone. Ai tempi di William Shakespeare, però, era diverso. Con Riccardo III accade la stessa cosa: vedere una persona deforme che commette il male è un simbolo. Quindi smaterializzare la sua deformità e trasformarla in una deformità di pensiero è forse l’aspetto più interessante. Il gioco è presente perché Riccardo ne attua uno fatto di potere, ambizione e malvagità.

Noi abbiamo impostato tutto proprio come se la situazione si svolgesse realmente all’interno di un videogioco: Riccardo III dice cosa farà, quindi dichiara la propria missione che noi dobbiamo attuare, ed è esattamente quello che accade in un videogame. E’ la prima volta che un mondo virtuale viene allestito in un palcoscenico con le parole di Shakespeare. Ho pensato che un videogioco scespiriano fosse interessante e divertente. Per la prima volta ci divertiamo con Riccardo III!”