Sono passati quasi cinquant’anni. Sono tanti. Stupisce e rincuora il fatto che Giorgio Gaber sia riuscito ad anticipare i tempi. A scrivere la storia prima ancora che questa fosse presente: terribilmente d’attualità, lui era del resto capace di raccontare la realtà come pochi al mondo, ma allo stesso tempo di andare oltre. In Far finta di essere sani tutto questo è ancora più evidente seguendo il filo rosso di canzoni e monologhi dalla tematica certa e forte. Ci piace molto l’idea e la possibilità di raccontarlo oggi.
Far finta di essere sani è in scena al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano fino al 30 dicembre. Lo spettacolo, originariamente scritto da Giorgio Gaber e Sandro Luporini, è adattato e diretto da Emilio Russo e vede protagonisti Andrea Mirò, Enrico Ballardini e i Musica da Ripostiglio.
La parola a Luca Pirozzi ed Enrico Ballardini
Cosa significa che in questo spettacolo il tema predominante è quello dell’interezza?
Luca Pirozzi: E’ uno spettacolo molto complesso ma hai colto benissimo. L’interezza è proprio il succo. C’è la continua divisione tra l’essere e l’apparire, con l’ironia di Giorgio Gaber, che in ogni brano puntualizza come l’essere umano sia sempre trappola del proprio ego, fra l’essere vero, la propria essenza e l’apparire quello che forse non è. Questo è il filo un po’ in tutti i pezzi. E’ molto attuale, è del 1973, ma credo che oggi più che mai siamo nella stessa trappola, se pensiamo ai social e a Far finta di essere sani. Se li guardiamo, non so quanto lo siamo noi o quelli dei manicomi.
E’ uno spettacolo politico?
Enrico Ballardini: Se intendi qualcosa che ha a che fare con la cosa pubblica di tutti, sì. Ogni spettacolo è politico. Se poi invece è politicante, no.
Luca Pirozzi: E’ politica sociale. E’ uno spettacolo che parla all’essere umano.
Enrico Ballardini: Forse è asociale.
In che modo Giorgio Gaber riusciva ad anticipare i tempi?
Enrico Ballardini: Noi ci siamo ritrovati con questi grandi pensatori come Carmelo Bene e Pier Paolo Pasolini. Parlano in un modo così universale che forse non anticipano i tempi, stanno dentro a tutti.
Luca Pirozzi: Sono sempre attuali. Credo che questo sia il trucco di tutti i i grandi: si può cantare in qualsiasi momento una canzone di Fabrizio De André o di Giorgio Gaber, in particolar modo, secondo me, quelle di questo spettacolo.
Enrico Ballardini: E’ il motivo per cui cerchiamo di trattare questi testi come trattiamo i classici di Shakespeare, in modo tale che la gente possa dire che anche se non c’è Gaber, si possono fare lo stesso i suoi testi.
Viene sottolineata l’incapacità degli ideali di convergere con il quotidiano?
Luca Pirozzi: Credo che nel 1973 Gaber inizi la strada che lo porterà fino alla fine della carriera a non essere parte di niente e ad avere un pensiero critico su tutto. Gaber è stato anche molto contestato. Adesso lo omaggiamo, nel 2023 ci sarà il ventennale della sua morte e tutta Milano e tutta l’Italia lo omaggeranno, ma è stato anche molto contestato perché ha dato addosso senza paura e più volte a chi comandava perché era un pensatore libero da ogni cosa.
- Intervista video di Andrea Simone
- Foto in evidenza di Gianfranco Ferraro
- Si ringrazia Linda Ansalone
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